Riecco Steven Zuber, l'uomo che dà del tu ai grandi tornei

Alla vigilia di Euro 2024 credevamo di non poter fare a meno di lui. Una sorta di salvatore della patria, un’ancora di salvezza anche, a fronte del mare mosso. Steven Zuber, d’altronde, si era presentato al ritiro di San Gallo tirato a lucido, al solito pronto a fare casino in campo, pronto a trasformarsi da convocato dell’ultimo minuto a protagonista. Come ai Mondiali del 2018. Come a Euro 2020. Nel test contro l’Austria, purtroppo, il polpaccio del fantasista dell’AEK Atene ha ceduto. Ma se proprio questo inconveniente avesse favorito il concatenarsi di scelte azzeccate da parte del ct Murat Yakin? Zuber sorride. Non si scompone, forte di un’esperienza in Russia a soli 22 anni e dello spessore consolidato nelle ultime stagioni trascorse in Grecia. «Le scelte e la strategia dell’allenatore possono risultare sorprendenti alla stampa, ma non ai giocatori. Noi dobbiamo permettere a chi ci guida di schierare la miglior formazione possibile. Poco importa, poi, chi veste la maglia da titolare».
Okay. Con la Svizzera che vola e con un selezionatore che non disdegna le mosse a effetto, viene comunque da chiedersi se sia più semplice o complicato immaginarsi l’eroe del prossimo match. «È una bella domanda» ammette Zuber, che un po’ alla Shaqiri è l’uomo dei grandi tornei. Dal gol al Brasile nel 2018 agli assist in serie all’ultimo Europeo. «Beh, di sicuro la voglia di tornare a lasciare il segno è tanta. Contro l’Italia, negli ottavi, mi è stata concessa una prima chance per mostrare il mio valore. Ne vado fiero. Ora vedremo se ve ne sarà un’altra».
Già. All’orizzonte si stagliano l’Inghilterra e un nuovo appuntamento con la gloria. «Le quote dei bookmaker ci danno perdenti? Non sono uno scommettitore» replica serafico Zuber. «Preferisco che a parlare siano i fatti. Sia il campo. Credo che le qualità individuali degli inglesi non necessitino di particolari illustrazioni. Così come non è compito del sottoscritto giudicare le critiche che continuano ad avvolgere la selezione di Gareth Southgate. No, bisogna restare con i piedi per terra e concentrarsi sui punti di forza della Svizzera».
E a proposito di atout. Zuber ne menziona uno meno appariscente di altri. Una variabile da dietro le quinte, toh. «Con molti giocatori e pure alcuni membri dello staff ci conosciamo oramai da 10-15 anni. Il che facilita la convivenza e la condivisione delle emozioni in tornei come questi. Comprendere i lati più belli, ma anche quelli più spigolosi, di chi si ha a fianco può fare la differenza. Poi certo, i risultati positivi contribuiscono alla serenità e all’euforia dell’ambiente». Anche tre anni fa, dopo il magico ottavo di finale vinto contro la Francia, l’entusiasmo era alle stelle. «Ma ora più di allora non ha più senso porsi limiti, come nazionale e altresì come nazione» sottolinea con decisione Steven Zuber, impaziente di tornare a indossare il costume di Zuberman.