Il reportage

«Che effetto vedere il disastro con i propri occhi, qui in Bavona»

Viaggio con i primi turisti nella valle che si apre oltre Cavergno, dopo nove mesi di chiusura per l’alluvione - «È un posto magico, rimasto per la maggior parte intatto, e siamo felici di poterci tornare per godere della natura in primavera»
I lavori per la sostituzione della segnaletica all’imbocco della strada che porta in Val Bavona © Ti-Press/Samuel Golay
Jona Mantovan
14.04.2025 06:00

È sabato, 12 aprile. Il meteo non può essere migliore di così, il cielo è terso e una brezza rinfrescante porta il profumo della primavera. A Bignasco, l’autobus giallo si ferma bofonchiando, spalancando le porte all’improvviso. Il gruppetto di turisti in attesa sale per prendere posto. Una scena a prima vista banale ma che, fino al giorno prima, sarebbe stata impossibile: per la prima volta dopo nove mesi, la strada per la Val Bavona è aperta a chiunque e senza alcun tipo di limitazione. Tanto è il tempo trascorso da quel disastro abbattutosi parimenti sulla vicina Lavizzara, nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024, costato la vita a otto persone (ufficialmente sette). Per Wanda Garbani-Nerini, conducente da 17 anni, è un piacere tornare alla guida in questi luoghi con il suo «bisonte d’acciaio».

«Mancava qualcosa»

«Giovedì, durante le corse di prova, abbiamo dovuto sistemare alcuni tratti, spostando dei massi che restringevano la carreggiata a Roseto», racconta al Corriere del Ticino la 57.enne, mentre indica la nuova fermata di San Luigi, poco prima della segnaletica appena cambiata. I cartelli di divieto d’accesso al suo ingresso sono stati sostituiti da altri che avvisano dei tanti cantieri lungo la carrozzabile.

«Per tutti questi mesi sentivo che mancava qualcosa, ora c’è di nuovo vita. Anche i turisti sono sempre molto gentili, conoscono il luogo e lo rispettano», aggiunge la nostra interlocutrice, la quale conosce l’area come le sue tasche, vivendo in Lavizzara. E così, la regione che si apre da Cavergno fino a San Carlo è pronta a rinascere. Famigliole, zaino in spalla, camminano sui sentieri che si scorgono in lontananza. Nella salita, si incrociano diversi ciclisti e ogni posto attorno a un tavolo è occupato, da quelli all’esterno delle cascine fino al grotto con almeno un centinaio di coperti.

Michael, in vacanza con la famiglia da Berna, osserva il paesaggio lunare di Fontana. Anche i suoi genitori, sua moglie Monika e i loro due bambini fanno lo stesso (mentre il più piccolo, ancora neonato, dorme beato al suo petto): «L’anno scorso eravamo stati qui per una passeggiata», racconta il 39.enne esprimendosi in italiano.

«Salvi» per due settimane

«Due settimane dopo, una volta rientrati a casa, abbiamo visto la catastrofe. Ora siamo tornati, perché ieri abbiamo saputo che era possibile farlo. Sono impressionato dalla forza scatenata dalla natura. Vedere di persona il paesaggio sfigurato fa più impressione, anche se le immagini sui media erano già molto potenti».

«Abbiamo grandi mezzi»

A bordo, dalla regione di Basilea, c’è anche la 64.enne Simone, con il marito Philip: «È una zona magica, siamo felici di poterci tornare. La tragedia dell’estate passata l’abbiamo seguita dall’inizio anche se eravamo distanti, a casa», afferma la donna, che parla in francese, precisando come sia il quarto anno in cui trascorrono qualche giorno di ferie in Ticino. «È una fortuna che la Svizzera abbia tutti questi mezzi. In un altro Paese, non saremmo nemmeno qui. D’altronde, la maggior parte della regione vedo che è rimasta intatta ed è un bene».

«Fino a ieri non sapevo nulla di quanto successo», esclama Jon, il quale, dopo un periodo in Spagna, ora vive e lavora a Zurigo. «Se ho paura? No, per nulla», dice il 55.enne in inglese. «Vengo dall’Islanda e là siamo circondati da elementi che possono causare gravi danni, come i vulcani. Ci siamo abituati. Non puoi preoccuparti troppo tutto il tempo, ma devi prendere delle precauzioni».

Cartelli «minacciosi»

Qualche sedile più in là, ecco la concittadina Marlene (cresciuta però a Londra): «Sonlerto è la mia località preferita, la adoro. Ho notato che i primi trasporti partivano da oggi e ne ho approfittato», sottolinea sorridente.

Infine, sempre dalla città sulla Limmat, ma questa volta accompagnata da un amico di Minusio, la 79.enne Silvia: «È la prima volta che visito questa valle ed è proprio incantevole», spiega in tedesco. «Pensavo di dover aspettare Pasqua, ma in realtà è già transitabile». Intanto, la corsa è al capolinea, a San Carlo, ai piedi della funivia, la cui attività riprenderà il 14 giugno. Un altro cartello avvisa minaccioso: in caso di piogge, sarà necessario lasciare la valle. Sempre in quattro lingue, si consiglia di scaricare le app MeteoSvizzera e Alertswiss.

Intanto, sempre sabato, i Municipi della Vallemaggia si sono riuniti proprio a Cavergno in una mattinata di studio (organizzata dall’Antenna dell'Ente regionale per lo sviluppo del Locarnese e Vallemaggia) per capire come affrontare le sfide della ricostruzione.

Il confronto nella mappa di Swisstopo: link qui

Le foto delle aree colpite nella mappa di Swisstopo: link qui

Il bilancio del disastro

Nel corso della notte fra sabato 29 e domenica 30 giugno 2024, violenti e prolungati temporali hanno colpito l'alta Vallemaggia, tra le valli Bavona e Lavizzara. Ad oggi una persona (un giovane della valle) risulta ancora dispersa, mentre si registrano sette mortiuna 76.enne e due 73.enni tedesche, residenti nel Land del Baden-Württemberg, una 61.enne svizzera del canton Basilea Campagna e un 67.enne svizzero del Locarnese (i cui due corpi erano stati ritrovati a Riveo, nel greto della Maggia)un altro 66.enne svizzero del canton Basilea Campagna e una 67.enne svizzera domiciliata nel Locarnese (i cui due corpi erano stati rinvenuti a luglio nel greto del fiume all'altezza di Cevio). Cinque vittime erano a Fontana (Val Bavona), due a Prato Sornico e il disperso al Piano di Peccia (sempre in Lavizzara). Si tratta del bilancio più grave legato a una catastrofe naturale mai registrato in tempi recenti a Locarno e dintorni. L'alluvione del 1978, tanto per fare un esempio, aveva provocato sette morti (quattro nel Locarnese: Comologno, Losone, Ascona, Verscio; uno a Bellinzona e due in Val di Blenio, oltre a una quindicina in Italia, tra Val Vigezzo e Ossola). Il nubifragio in Mesolcina, di una settimana prima rispetto a quello in alta Vallemaggia, tre.

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