«Con il mio gelato “alternativo” conquisto comunità di golosi»
Ci sono una serie di gusti per i vegani. Ce ne sono senza glutine, senza lattosio e anche al basilico, allo zafferano. E pure una proposta per i cani. Per non parlare del ‘dulce de leche’ (specialità argentina), dei fichi al cognac, della piña colada e del caramello con le prugne, più tutte le altre proposte più «classiche». Certo, lo spazio è piccolino e riflette il nome: «La Mini Gelateria». Tuttavia la scelta, come ha scritto qualcuno, «è mega».
La fila di persone, di fronte alla vetrina del suo negozio in zona centralissima a Locarno, davanti al Palacinema, è costante. Dalle 12.30 alle 22, Daniel de la Vega si muove instancabile per soddisfare la sua comunità di golosi. I più intimi, poi, hanno la fortuna di essere fotografati finendo nella galleria del profilo sui media sociali. «Adoro il gelato, non potrei vivere senza», dice al Corriere del Ticino tra il serio e il faceto.
In fuga dalla crisi
A 66 anni, di andare in pensione proprio non se ne parla. «Oggi produco oltre 50 gusti. Potrei farne di più, ma non ho lo spazio per metterli in esposizione», esclama. «Sono gelataio da quando andavo alle scuole medie, in Argentina. E non ho mai smesso». Per lui, insomma, quel dessert fresco e cremoso non ha segreti.
Già, ma come ci è finito, qui in città? «Sono un italiano nato in Argentina e sono arrivato qui nel 2003, in fuga dalla crisi. Era agosto. Faceva caldissimo, non volevo crederci», afferma. «Il mio primo lavoro qui a Locarno è stato in una grande azienda attiva in questo settore, per otto anni. Aveva vari punti vendita e riforniva anche molti esercizi pubblici. Purtroppo, però, è fallita nel 2012».
«Sedici metri quadrati»
«All’epoca, avevo sui 55 anni e non mi assumeva nessuno. Ero ‘troppo vecchio’. Ho deciso di investire tutti i miei risparmi, tutto il mio secondo pilastro, per aprire una piccola gelateria di 16 metri quadrati. Anche se il nome è sempre lo stesso, lo spazio in realtà era quello oggi destinato al mio laboratorio, qui di fianco. Vedi?», dice indicando un piccolo locale di fronte, dove si possono scorgere dei macchinari.
«Ho comprato attrezzature di seconda mano per risparmiare, ma tutte in ottimo stato. Anche perché le conosco e sono in grado pure di ripararle. Ho lavorato duramente e ora ho una clientela enorme. Sono grato alla Svizzera per tutto ciò che mi ha dato, ma anch’io penso di aver portato qualcosa, contribuendo con le mie conoscenze e con la mia professionalità».
Un prodotto «di nicchia»
Il nostro interlocutore, improvvisamente ‘sottratto’ al suo dovere, tiene d’occhio l’aiutante, Pablo, il quale sembra cavarsela senza problemi. Nel frattempo, risponde sorridente al saluto di una giovane coppia. Con indosso berretto di carta e grembiule bianco, è pur sempre un personaggio. Alcuni lo vedrebbero bene come ‘Babbo Natale estivo’, data la sua barba. Non bianca, non lunga, ma altrettanto curata. Voltandosi, riprende: «Sto raccogliendo quanto ho seminato: c’è chi si presenta dalla Svizzera tedesca grazie al passaparola, su consiglio di amiche o amici che ci sono stati durante le ferie. Attorno al mio gelato ‘di nicchia’, o ‘alternativo’ si è formato un gruppo di intenditori», sottolinea soddisfatto.L’atmosfera all’interno, rinfrestata dall’aria condizionata che soffia dall’uscio, sembra d’altri tempi. Cartelloni e lavagnette, scritti a mano in vari colori, non si contano e sembrano coprire ogni spazio. Ma sarà sempre così?
Il futuro della «Mini»
«Ho il desiderio di passare tutto a qualcuno che possa portare avanti il mio lavoro, in futuro. Magari un sistema su licenze? Chissà, ma preferirei non occuparmi della parte amministrativa… Oppure, potrei collaborare con qualcuno desideroso di ereditare la mia conoscenza, esperienza, le mie ricette e la mia visione. Infatti, molti mi pongono questa domanda: ‘Cosa succederà in futuro? Non avremo più il nostro gelato preferito?’. Ma posso assicurare che questo non accadrà, non accadrà mai».
Tanti anni sono passati, da quella «Gelateria svizzera» aperta nella sua Argentina: «Non potrei vivere senza gelato, lo adoro. Forse è proprio il motivo che mi ha portato a scegliere questa professione. Quando esco, non trovo quella qualità che vorrei... e quindi lo produco da me», esclama con un’allegra risata.