I miei «Verdini», via di mezzo tra La Linea e i Peanuts
Dalla fantasia di Brigitte Ferrari, in arte «Gizi», ecco... i Verdini! Piccoli personaggi (dell'omonimo colore, appunto) che si trovano loro malgrado nelle situazioni più strane, assurde e paradossali della società moderna. Dal suo atelier a Malvaglia–frazione di Serravalle (Blenio)–nascono le strisce con protagonisti questi simpatici omini che sembrano arrivare da un altro pianeta. È una delle ultime trovate della pimpante 62.enne nata e cresciuta in Ticino da genitori tedeschi, da sempre a contatto con l'arte e la creatività. Formatasi a Firenze e poi a Zurigo, ha sempre svolto incarichi di settore come professionista indipendente. Sperimentando tutte le forme di espressione possibile. Dallo spazio, con il restauro di parti architettoniche antiche o la progettazione di ambienti interni. Alle tecniche di ripresa, la fotografia, la recitazione... fino ad arrivare a inaugurare per qualche anno «ArTicino», laboratorio di comunicazione tridimensionale dedicato alla progettazione di oggetti e personaggi. La nostra interlocutrice fa strada fino al suo atelier, il suo regno. «Ho conosciuto questa valle grazie al mio compagno, che è patrizio di Ludiano, e da quest'anno è diventata casa nostra». Ed ecco dove si compie la magia. Un tavolo di lavoro con un grande rotolo pieno di piccoli omini verdi. Che dialogano, sbottano, strillano come piccole pesti. Messi alla prova dai momenti più divertenti tipici dell'umanità. «Ma noi siamo verdi», esclamano in coro in una delle vignette. Un ‘baccano’ a colpi di fumetti che contrasta con la tranquillità della valle. «È come se questo silenzio creasse un vuoto nella mia mente, vuoto che tutto d'un tratto si riempie di tante idee creative» spiega l'artista sorridendo, con un intenso sguardo incorniciato da capelli biondi. Ma da dove arrivano, questi verdini? «Io faccio parte di una generazione cresciuta con Mafalda, i Peanuts, La Linea. Questi sono personaggi mitici, che porterò sempre dentro di me, ma spesso mi imbatto in temi di attualità o fatti curiosi sul territorio che possono diventare un'ottima fonte di ispirazione. Ci sono azioni che compio io stessa e che in un secondo tempo mi rendo conto di quanto siano assurde. Allora corro a disegnarne subito un “Verdino”. Perché la battuta giusta può arrivare in qualsiasi momento».
«E questo sorriso? Hai vinto al Lotto?», «Macché, sto valorizzando la mia nuova dentiera!». Oppure ancora, parcheggiando l'auto: «Non capisco perché dovrei guardare avanti se devo guardare indietro...», riferendosi allo schermo con le immagini della camera posteriore che aiuta nelle manovre. «Rose rosse...», dice uno. Mentre l'altra risponde: «Stupide rose! Voglio una torta!». Sono solo alcuni esempi che si possono leggere sfogliando gli schizzi, a decine, classificati ordinatamente in una serie di raccoglitori.
«Ho iniziato con tre, perché è un numero che si presta per una serie di situazioni piuttosto formidabili: uno che gioca contro l'altro, o due contro uno. Uno è sempre un pochino più ‘tontolone’ e fa la sua battuta finale spesso, ma non sempre», illustra ‘Gizi’ che precisa come la sua combriccola si stia ampliando con nuove figure. «Non poteva mancare la generazione anziana e il piccolino della generazione Duemila», scherza indicando sul suo foglio-tavolo i vari 'stereotipi'. Gli esserini non hanno un nome ciascuno che li distingue e nemmeno un loro villaggio. «Loro sono solo ‘i Verdini’. Chissà, potrebbero essere alieni, per esempio... hanno il privilegio di poter dire quel che succede in maniera comica. Per ora sono un gruppo al di fuori della società, ma che la osserva. Anche in modo critico, ma senza fare polemica».
Alcune strisce parlano di temi delicati: la guerra, i conflitti, la religione, i litigi tra le persone. Ogni tanto nelle 'nuvolette' vola qualche parola scurrile, più che tollerata nel vocabolario popolare contemporaneo.
La nascita. E l'ecologia
Ma dove nasce il primo 'Verdino'? E quando? Gizi solleva lo sguardo. Non per pensare, ma per indicare una scultura appesa a mezz'aria. «Risale a dieci anni fa. Era importante realizzarla recuperando materiali che altrimenti sarebbero stati gettati nei rifiuti». L'opera tridimensionale rappresenta una serie di lunghi razzi gialli (realizzati con delle lattine) dalla punta rossa, cavalcati da un gruppo di personaggi... verdi, appunto. Che, come delle gelatine tipo 'slime', viaggiano tra le stelle verso l'ignoto, con espressioni che vanno dal terrore all'eccitazione. «Da lì è partito tutto, e tutto in un botto. Ho riciclato vari materiali e confezioni, dalle lattine alle scatole da tè, persino i tappi. Integrando tutto in lavori sempre nuovi, continuando a usare colori 'puri': giallo, rosso, verde».
Alle sue spalle, su un ripiano sotto il tetto mansardato, ecco una 'coreografia' di pupazzetti nelle pose più disparate. C'è chi prende il sole su un tappeto di carta stagnola, chi viaggia portando cartelli con emoji e altri simboli presi in prestito dal linguaggio dei media sociali, chi si trova dietro le sbarre e, sulla sua testa, una serie di lettere di caratteri differenti ritagliate da riviste e giornali che compongono la frase 'Vedo il mare'.
Sembra che il tema dell'ecologia sia una sorta di motivo di esistere, per questi piccoletti. «Sì, certo. È una delle interpretazioni possibili. Ma non è necessariamente in primo piano. Deve essere prima di tutto qualcosa di divertente, leggero, che piaccia e che faccia sorridere», evidenzia la donna. Che sottolinea come il nome 'Verdini' sia arrivato subito. «Sì, perché ormai sono verdi, no?», dice non senza trattenere una risata. «È stato tutto così spontaneo»...
Un domani saranno così
A partire dal razzo 'pietra miliare' dell'odissea dalle mille sfumature nell'intermedio tra il giallo e l'azzurro, ecco che nasce una nuova esigenza, giusto un paio d'anni fa. «Il tridimensionale non mi bastava più. Volevo creare dei dialoghi, delle espressioni, ficcare i verdini in situazioni buffe, astruse. Trattando pure temi un po' delicati, ma col sorriso sulle labbra. Questo è, appunto, il grande vantaggio del fumetto».
Ecco allora che inizia lo sviluppo di una nuova versione dei personaggi. «Non potevo riprenderli tali e quali alla loro rappresentazione a tre dimensioni. E ho studiato una serie di soluzioni su carta. E poi ho iniziato con i primi tre verdini». Il tratto è molto semplice. Poche righe ben piazzate danno già l'idea dei personaggi e della loro psicologia. «Corretto. Sono rimasta molto scarna, ho solo pochi oggetti che ognuno porta con sé e che li possono distinguere». In molte vignette appare lo smartphone, «un oggetto che oggi tutti si portano dietro».
Ma come sarà, il futuro di questi verdini? Come li vede, la sua creatrice, un domani? Una luce si accende negli occhi di Brigitte Ferrari: «Vorrei, un giorno, cominciare a lavorare anche con l'animazione. A quel punto dovrò capire se sia il caso di mantenerli sempre sospesi nel vuoto. Ma il sogno nel cassetto c'è... quello di vederli in movimento, in una serie di scenette animate». E parleranno? Che voce avranno? «Maaah! Chissà,... questo è ancora tutto da capire. Magari non parleranno affatto», conclude ‘Gizi’ con una allegra risata.