Lodrino: l'inchiesta ed un destino segnato

Un delitto. Due morti. Altrettante famiglie distrutte dal dolore. Tante domande che rimarranno senza risposte. Ed un’inchiesta che prosegue, ma che è destinata inevitabilmente a sfociare in un decreto d’abbandono. Perché l’unico responsabile del fatto di sangue del 26 gennaio scorso sui monti di Lodrino, il 27.enne ticinese residente in paese che ha ucciso la 21.enne rumena, è deceduto a causa delle gravissime ferite riportate. Per undici giorni ha lottato tra la vita e la morte, preso a carico dai medici dell’ospedale Civico di Lugano. Non ce l’ha fatta. Nessuno, dunque, potrà ricostruire di fronte agli inquirenti quanto accaduto nelle prime ore di quella tragica domenica in quel rustico isolato in zona «A Fórn», a 500 metri di altitudine, in mezzo al bosco.
Il litigio, poi il dramma
I riscontri, finora, fanno propendere la procuratrice pubblica Chiara Buzzi, titolare delle indagini, per l'ipotesi di omicidio-suicidio. Di un femminicidio, pertanto. L’ennesimo in Svizzera. È escluso l’intervento di terzi, infatti. Il 27.enne ha accoltellato la ragazza (che per racimolare qualche soldo aveva iniziato da poco a fare, anche, il mestiere più vecchio al mondo) dopo un litigio e poi si è sparato un colpo alla testa. Verosimilmente con un fucile da caccia senza silenziatore, uno dei tanti che aveva ereditato dal padre e che custodiva nella casa in montagna.
Il movente e le domande
Il movente rimarrà ignoto. C’è stata una discussione fra i due relativa al pagamento della prestazione sessuale? Oppure per altri motivi? «Si sta comportando in modo strano» è l’SMS inviato dalla 21.enne ad uno dei due amici, suoi connazionali, che l’avevano accompagnata a Lodrino dalla provincia di Milano e che l’aspettavano in auto, poco prima di essere ammazzata. È poi stato l’uomo, giunto in Ticino assieme a suo cugino e alla giovane, ad avvisare la Polizia cantonale che forse era capitato qualcosa di grave. Che era meglio mandare una pattuglia sul posto a controllare.
La porta scassinata
Ciò che è stato fatto. Hanno scassinato la porta del rustico e si sono trovati davanti agli occhi la scena di quello che è subito sembrato essere un crimine. La donna, deceduta, distesa sul divano e il 27.enne sul pavimento, agonizzante, con due fori da arma da fuoco nel cranio. I due cittadini rumeni sono subito stati ascoltati dagli inquirenti quali persone informate sui fatti. Hanno raccontato di non aver sentito lo sparo e di aver solamente accompagnato la ragazza da Rho (Comune poco più grande di Bellinzona) in Riviera. E quando non è uscita dal rustico all’ora concordata si sono preoccupati, soprattutto in quanto non rispondeva né ai loro messaggi né alle telefonate.
Cosa succederà ora
«Gli accertamenti sulla dinamica dell’accaduto proseguono», hanno scritto stamattina in un comunicato congiunto la Cantonale ed il Ministero pubblico. La morte del giovane non pone automaticamente fine alle indagini. L’inchiesta, abbiamo appurato, verterà, da una parte, sui rilievi raccolti dalla Scientifica pure sugli oggetti sequestrati nell’abitazione sui monti e su ulteriori verbali che confluiranno nel rapporto di polizia.
E, dall’altra, sulle risultanze del medico legale, in primis relative all’autopsia che chiarirà le cause della morte della 21.enne rumena. Tutte informazioni importanti che finiranno nell’incarto aperto da una decina di giorni sulla scrivania della procuratrice pubblica Chiara Buzzi. La quale, nei prossimi mesi, potrebbe intimare alle parti il decreto d’abbandono motivato con la morte dell’unico responsabile.
Gli spari e il suicidio
Lo stesso, ricordiamo, era capitato per il dramma di Giubiasco del 17 maggio 2020. Quel giorno, all’Osteria degli Amici, nel «cuore» del Borgo, un 64.enne aveva ucciso la moglie dalla quale si stava separando ed il suo nuovo compagno. Si era infine suicidato. L’inchiesta coordinata dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri era stata, appunto, archiviata.