Suona la sveglia per l’Occidente, «siamo a uno storico punto di svolta»
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«Securing our future». Ossia: proteggere, assicurare e garantire il nostro futuro. Uno slogan - quello del vertice tenutosi oggi a Londra e a cui hanno partecipato diversi leader europei, ma non solo - che dice (quasi) tutto. Dopo il disastroso incontro-scontro di venerdì tra Zelensky e Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, durante il quale il presidente statunitense ha umiliato il suo omologo ucraino davanti al mondo in una diretta tivù che passerà alla storia, i leader di diversi Paesi occidentali sono corsi ai ripari. D’altronde, appunto, in gioco c’è l’Alleanza Atlantica in quanto tale. E pure la sicurezza stessa del Vecchio Continente, chiamato ora a ricucire lo strappo con l’alleato storico, gli USA, ad abbassare i toni di un conflitto verbale che è diventato sempre più violento e, al contempo, a garantire il necessario appoggio all’Ucraina. Una triplice sfida certo non facile con, sullo sfondo, la proposta di pace a cui stanno lavorando Regno Unito e Francia, assieme ovviamente all’Ucraina. Una proposta che, stando a quanto dichiarato in tarda serata dal presidente francese Emmanuel Macron al quotidiano Le Figaro, avrebbe un punto di partenza: una tregua limitata, della durata di un mese, «nell’aria, nei mari e nelle infrastrutture energetiche».
Una questione di forza
Ma torniamo al summit di Londra, il cui «punto di partenza», ha affermato il primo ministro britannico Keir Starmer al termine dell’incontro con gli altri leader, «deve essere quello di mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile ora, in modo che possa negoziare da una posizione di forza». E per fare ciò, ha aggiunto, «stiamo raddoppiando il nostro supporto» a Kiev. Un chiaro segnale, a fungere da contraltare all’obiettivo mai dichiarato dell’agguato riservato da Trump a Zelensky nello Studio Ovale: indebolire la posizione del leader ucraino in vista dei negoziati con la Russia. «Dobbiamo affrontare questo momento insieme», ha aggiunto Starmer. «Per garantire il miglior risultato per l’Ucraina, per proteggere la sicurezza europea e per garantire il nostro futuro collettivo». Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha dal canto suo parlato di ulteriori consultazioni con lo scopo di delineare una pace «giusta e duratura» in Ucraina con le necessarie «garanzie di sicurezza» per Kiev. Garanzie che, in soldoni, dovranno per forza fare rima con nuovi investimenti negli armamenti. Non a caso, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al termine del summit ha sottolineato la necessità di «intensificare in modo massiccio» la produzione militare e gli investimenti.
Un’idea di pace
Ma non solo: ancora non è escluso che alcuni Paesi europei (con Francia e Gran Bretagna in testa) possano in futuro inviare forze di «peacekeeping» in Ucraina. Come detto, Regno Unito e Francia stanno lavorando a un piano per «far cessare le ostilità» con la Russia. L’intenzione, come spiegato dal premier britannico, sarebbe quella di formare «una coalizione di volenterosi» per far rispettare un potenziale accordo di pace in Ucraina. E ciò, appunto, «con gli stivali a terra e gli aerei in aria». Su questo fronte, però, Macron ha suggerito che qualsiasi dispiegamento di truppe europee sul territorio avverrà solo in un secondo momento, una volta che le due parti avranno negoziato i dettagli dell’accordo. E in ogni caso, «non nelle prossime settimane». E il punto di partenza, come detto all’inizio, sarebbe una tregua limitata «all’aria, ai mari e alle infrastrutture energetiche». Limitata, sì, perché come ammesso da Macron, vista la lunghezza della linea del fronte, sarebbe «molto difficile» garantire un cessate il fuoco completo. Tutto ciò, senza dimenticare che, come affermato da Starmer, in ogni caso poi questo «piano per la pace» andrebbe sottoposto agli Stati Uniti. Già, perché in questo contesto non va dimenticato il ruolo pressoché imprescindibile degli USA. Già, perché se da una parte i leader presenti al vertice hanno evidenziato la loro unità nel sostenere l’Ucraina, dall’altra lo stesso Starmer non ha mancato di ribadire lo storico legame del suo Paese con gli USA. «Siamo tutti d’accordo che tra leader ci rivedremo molto presto per mantenere il ritmo di queste azioni e continuare a lavorare a questo piano condiviso», ha spiegato Starmer. «Siamo oggi a uno storico punto di svolta. Non è il momento di parlare, ma di agire», ha aggiunto, spiegando però che l’idea che gli Stati Uniti vengano ritenuti un alleato inaffidabile è inaccettabile. «Gli USA sono stati un alleato affidabile per il Regno Unito per molti, molti decenni. E continuano a esserlo. Non ci sono due Paesi così strettamente allineati come i nostri, e le nostre difese sono intrecciate in un modo che non ha eguali».
Le chiavi di lettura dell’esperto
Da noi raggiunto per una reazione a caldo dopo il summit, l’esperto di politica americana e consigliere dell’Istituto affari internazionali di Roma, Giampiero Gramaglia, mette l’accento su tre aspetti. «L’incontro di Londra era già previsto. Ma ovviamente l’importanza di questo summit è stata aumentata, se non ingigantita, da quanto accaduto venerdì nello Studio Ovale. Ad ogni modo, il primo elemento che emerge dall’incontro penso sia la generale testimonianza di vicinanza all’Ucraina da parte dei partecipanti. Nessuno ha aggredito Zelensky, nessuno ha confuso l’aggressore con l’aggredito. È questa la sostanziale differenza di atteggiamento tra i leader europei e l’amministrazione Trump». Da una parte, dunque, una spaccatura tra Europa e Stati Uniti. Dall’altra, però, la consapevolezza di non poter fare a meno degli USA. «Il secondo elemento che emerge - prosegue Gramaglia - riguarda il fatto che la ricerca di una soluzione di pace non possa comunque prescindere dagli Stati Uniti. La speranza è dunque che si possa ricucire il rapporto». Il terzo elemento, aggiunge poi l’esperto, riguarda il fatto che «gli europei devono fare di più per la propria difesa e per non essere più così esposti alle ‘bizze’ di un alleato che oggi non è più affidabile come in passato e i cui valori sembrano non più coincidere con quelli tradizionali dell’Occidente». Ma, chiediamo all’esperto, stiamo assistendo alla nascita di una nuova alleanza, o addirittura al tramonto dell’Alleanza Atlantica? Ancora Gramaglia: «Speriamo, piuttosto, di assistere alla nascita di una maggiore consapevolezza dell’Europa di dover assicurare la propria difesa. Se ciò dovesse avvenire, ci sono altri elementi da sottolineare: in primis che non è necessario che a questo piano partecipino tutti e 27 (i Paesi dell’Unione europea, ndr). Anzi, sarebbe meglio partecipasse solo chi vuole veramente esserci. In secondo luogo emerge l’indispensabile ruolo della Gran Bretagna. Ma anche il fatto che possono partecipare altri Paesi più lontani, come il Canada e l’Australia». Tutti Paesi, chiosa Gramaglia, «che fanno parte della famiglia occidentale. E che oggi sono portatori dei suoi valori, più di quel Paese che una volta ne era considerato il ‘faro’».