Processo

«Non avevo il coltello», ma l’accusa chiede 5 anni

Pestaggio alla Rotonda di Locarno: alla sbarra il richiedente l’asilo dello Sri Lanka che deve rispondere di tentato omicidio intenzionale – La difesa si è battuta per il proscioglimento – La sentenza verrà pronunciata domani
© CdT/Chiara Zocchetti
Irene Solari
04.10.2023 18:45

«Da semplice vittima è diventato anche carnefice. Va condannato a 5 anni di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per otto». È così che il procuratore pubblico Pablo Fäh ha sintetizzato il comportamento del richiedente l’asilo dello Sri Lanka comparso oggi davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Mauro Ermani (assistito dai colleghi Siro Quadri e Giovanna Canepa Meuli) per rispondere dei fatti della Rotonda di piazza Castello a Locarno, la sera dell’8 ottobre 2022. In quell’occasione, lo ricordiamo, si era verificato un violento pestaggio da parte di un gruppo di quattro giovani ai danni, appunto, dell’uomo. I quattro sono già comparsi in aula; lo scorso 19 aprile sono stati condannati per tentato omicidio intenzionale, a 3 anni e 6 mesi di carcere, i due principali imputati (entrambi cittadini italiani), mentre a un ticinese era stata inflitta una pena di 6 mesi sospesi per rissa e lesioni semplici. Prosciolto, invece, il quarto imputato. La sentenza, la seconda per questa fattispecie, verrà pronunciata domani.

«Ha tentato di uccidere»

Da vittima a carnefice, insomma. A mente dell’accusa il 27.enne quella sera avrebbe provocato il pestaggio e minacciato delle persone. «Era ubriaco e ha a suo carico diversi procedimenti penali pregressi per reati violenti», ha spiegato Fäh. «Non ci sono nemmeno dubbi sul fatto che l’imputato avesse con sé un coltello e che lo abbia brandito davanti al gruppo dei giovani, agitandolo». Non solo. Secondo il procuratore pubblico sarebbe anche partito «almeno un fendente» passato a pochi centimetri dal viso e dal collo di uno dei ragazzi: «Un colpo brusco e repentino diretto su zone vitali. Se il giovane non si fosse spostato, il colpo lo avrebbe ucciso». In ogni caso, stando all’accusa, il cittadino srilankese ha messo in pericolo la vita degli altri, almeno per dolo eventuale. Da qui la richiesta di condanna per tentato omicidio intenzionale ripetuto, subordinatamente per ripetute tentate lesioni gravi, e ripetuta esposizione a pericolo della vita altrui. Infine per rissa.

«Nessuna arma»

La vittima, dal canto suo, si è difesa giurando di non aver mai avuto con sé un’arma quella sera e di aver cercato solo di placare gli animi nel mezzo di una discussione nata in precedenza. Il presidente della Corte Mauro Ermani, però, ha sottolineato che tutti i testimoni presenti quella sera al pestaggio, compresi i due ragazzi che stavano filmando la scena (estranei al gruppo), hanno riferito di aver visto l’imputato brandire una lama. «Si sente espressamente dire, da chi sta facendo le riprese, ‘‘ha il coltello!’’», ha precisato il giudice. Sempre da queste riprese, ha puntualizzato Ermani, si vede anche un luccichio davanti alla mano dell’imputato. Secondo quest’ultimo sarebbe stato il riflesso dell’orologio. Il coltello, in ogni caso, non è mai stato ritrovato dopo quella notte. «È stato gettato via da uno dei ragazzi del gruppo», ha spiegato il presidente della Corte.

«Versioni lacunose»

Le versioni fornite dal gruppo di ragazzi che racconta di essere stato provocato e minacciato dall’imputato «non sono credibili». Così come non lo sono nemmeno quelle di chi filmava. È quanto ritiene l’avvocato Felicita Soldati, patrocinatrice dello srilankese. «Le versioni fornite sono lacunose, imprecise e contraddittorie». «Le loro testimonianze sono incongruenti, differenti e discordanti», ha proseguito la difesa, «c’è il rischio che i ricordi dei ragazzi non siano cristallini e, pure, che questi si siano accordati tra loro a discapito dell’imputato». Anche le riprese fatte dalle telecamere di videosorveglianza della Città di Locarno non possono essere tenute in conto: «La loro qualità è indubbiamente pessima, non si possono riconoscere eventuali gesti minacciosi». In sostanza, secondo l’avvocato Felicita Soldati, non è possibile provare con certezza che vi sia stato un colpo potenzialmente pericoloso per la vita degli altri. In virtù del principio in dubio pro reo, la difesa si è pertanto battuta per il proscioglimento dell’imputato.

I precedenti

Il 27.enne, ha ricordato in conclusione il giudice Mauro Ermani, ha anche diversi precedenti con la giustizia del Canton Lucerna (dove risiede). Reati come ubriachezza molesta, vie di fatto, lesioni e disturbo della quiete pubblica. L’uomo si è detto dispiaciuto e pentito per quelli che riconosce essere stati degli errori: «Ogni volta che ho commesso questi reati ero in preda ai fumi dell’alcol». «Sto seguendo un programma di recupero: da 10 mesi non bevo e non ho nessuna intenzione di ricominciare a farlo».

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