Il caso

Omicidio Bellocco, il capo ultrà Beretta: «Mi volevano sotterrare»

Il responsabile della morte dell'erede del clan 'ndranghetista di Rosarno racconta di un «piano omicidiario» nei suoi confronti pianificato durante l'estate – Intanto, la famiglia invoca vendetta
© KEYSTONE (Pietro Re/IPA)
Red. Online
05.10.2024 13:33

C’è chi invoca vendetta, chiedendo addirittura una «risposta» da tutto il popolo calabrese. Nei giorni successivi all'omicidio di Antonio Bellocco a Cernusco sul Naviglio per mano di Andrea Beretta, avevamo parlato della reazione sui social, mentre Milano si è resa conto che le tifoserie organizzate di Inter e Milan sono controllate e dominate, da anni, da gruppi di delinquenti della peggiore risma. E di vendetta si torna a parlare in questi giorni, grazie alle intercettazioni effettuate dalla squadra mobile e dalla guardia di finanza di Milano a poche ore dall'omicidio dell'erede del clan 'ndranghetista di Rosarno.

«Dove ti rassegni, dove? Ho la rabbia, per davvero, ti giuro. Devi andare a combinare... lo sai che? Devi combinare una strage. Ce l'ha tolto davanti, un giovane di figlio, senza un perché...». A pronunciare le parole è la suocera di Antonio Bellocco, Emanuela Gentile, parlando con il fratello minore di Bellocco. Le intercettazioni riguardano una conversazione avvenuta a Cernusco sul Naviglio. La donna, con i familiari e con il fratello della vittima, è arrivata nell'hinterland milanese dalla Calabria non appena avvenuto l'omicidio. «Berto non ti rassegnare, non ci possiamo rassegnare», dice.

Parole dalle quali emerge la sete di vendetta del clan calabrese.

Le minacce (precedenti)

Intanto, Andrea Beretta – che già a fine settembre era stato trasferito dal carcere di Opera a quello di San Vittore per motivi di sicurezza – ha rilasciato dichiarazioni durante gli interrogatori. Lo si legge nell'integrativa firmata dai pm titolari del caso. L'ormai ex capo ultrà interista, in carcere per l'omicidio avvenuto il 4 settembre scorso, ha rivelato «di essere stato a conoscenza di un piano omicidiario per farlo fuori».

Beretta ha detto «che sarebbe dovuto passare a vie di fatto» dopo che era stato convocato, tra giugno e luglio, a casa di Bellocco. Lì, all'interno dei box sottostanti l'abitazione, aveva incontrato due emissari della famiglia 'ndranghetista, di cui uno presentato come un latitante. Questi gli avevano rivolto direttamente «concrete intimidazioni, sempre correlabili alla gestione del merchandising», si legge nell'integrazione relativa all'inchiesta di Polizia e Guardia di Finanza. Proprio per questo, si giustifica, «e solo dopo avere subito tali intimidazioni e più tentativi di essere portato in un luogo dove sarebbe poi stato ucciso, si era munito di una pistola, che portava con sé». La stessa che aveva il giorno in cui ha ucciso Bellocco all'interno di una Smart.

L'incontro avvenuto in estate con il clan Bellocco è stato confermato anche dalle immagini rilevate nell'abitazione del capo ultrà a Pioltello, nel Milanese. Secondo gli atti, il 23 luglio oltre ad Andrea Beretta e Antonio Bellocco erano presenti anche Daniele D'Alessandro, Salvatore Paolillo e Domenico Sità. Paolillo, scrivono i pm, «è persona di fiducia» di Giuseppe Fabrizio, suocero di Antonio Bellocco. Sità «è stato controllato diverse volte in compagnia di Berto Bellocco», fratello di Antonio.

«Mi avrebbero drogato, sparato e sotterrato»

Ma non è finita qui. L'integrazione alla richiesta di misura cautelare della DDA di Milano che ha portato a 19 arresti tra i vertici delle curve di Inter e Milan, contiene altre dichiarazioni di Andrea Beretta: sarebbe «riuscito più volte a sventare il progetto omicidiario» nei suoi confronti «grazie alle rivelazioni ricevute dalla persona incaricata di tirarlo in trappola, verosimilmente con un sonnifero», e di «condurlo in un luogo idoneo a perfezionare la sua esecuzione». Lì sarebbe stato «colpito con un'arma da fuoco e sotterrato».

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