Andrea Beretta era stato avvertito: «C'è un piano per eliminarti»
Soldi. E potere. Ma anche equilibri. La Curva Nord interista era, e rimane, soprattutto un business. Dal suo letto, in ospedale, Andrea Beretta ha raccontato agli inquirenti le dinamiche della frangia più calda del tifo nerazzurro. Ha parlato, altresì, della lite sfociata nella morte di Antonio Bellocco, mercoledì a Cernusco sul Naviglio, a bordo di una Smart targata Ticino e noleggiata nel Mendrisiotto. «Gli utili – ha spiegato Beretta – li dividevamo in tre». Vendite di biglietti e merchandising, nello specifico. Verosimilmente anche altro. Al pubblico ministero Paolo Storari, Beretta ha fatto i nomi di altri due soci. Lo stesso Bellocco e Marco Ferdico, leader della Nord nonché amico della vittima. Ieri, Ferdico ha dedicato un lungo post su Instagram a Bellocco: «Nulla sarà mai come prima senza di te. Vivrò onorando l’uomo meraviglioso che eri».
Gli equilibri, ora, potrebbero saltare scrive sempre Repubblica. Beretta, dal San Raffaele, è stato trasferito al carcere di Opera. Dove si trovano, dettaglio certo non trascurabile, decine di detenuti al 41 bis. Intanto, secondo fonti investigative, dalla Calabria ieri mattina sarebbero arrivati molti familiari e affiliati al clan Pesce-Bellocco. «Furenti», secondo il quotidiano, dopo aver visto la dinamica dell'omicidio: le immagini delle telecamere di sorveglianza, diffuse ieri sera da La7, mostrano Bellocco arrivare davanti alla Testudo, la palestra frequentata da ultras e militanti di CasaPound, e poi entrare sulla Smart targata Ticino. Quindi una breve marcia indietro, uno scatto in avanti, la portiera lato guida che si apre e l'auto che va a sbattere. E ancora: Beretta cade sull'asfalto dopo aver scavalcato il corpo di Bellocco, proprio quando due testimoni escono dalla palestra. Sentono due spari, ma il secondo bossolo – dopo attenta ispezione – non è stato trovato. «Mi ha minacciato — ha detto Beretta, esponendo la sua versione —, mi ha detto che avrebbe ammazzato me e la mia famiglia. Ho tirato fuori la mia pistola e mi ha disarmato, ha cominciato a spararmi ma dopo il primo colpo il caricatore è caduto. Continuava a premere il grilletto a vuoto, allora io ho estratto il coltello che porto con me e ho colpito». Le immagini, per contro, mostrano Beretta rientrare nell'abitacolo e colpire, quindi rientrare una seconda volta dal lato passeggero e infierire con il coltello a serramanico. Uno dei due testimoni, a questo punto, interviene per trattenere Beretta.
Detto della dinamica, il sospetto degli investigatori è che la morte di Bellocco sia stata una vera e propria esecuzione. Legata al piano, deciso un paio di settimane fa, di eliminare proprio Beretta. Piano di cui altri, a cominciare dai due testimoni, sapevano. Beretta si sarebbe inimicato i calabresi poiché, con forza, aveva difeso gli incassi del negozio di merchandising nerazzurro a Pioltello e, parallelamente, si era opposto a un'alleanza con la Curva Sud milanista per gli affari illeciti. Era una vittima designata, insomma, tant'è che girava con una calibro 9 messa a disposizione dal suo gruppo. Un investigatore, citato da Repubblica, riferisce che una persona vicinissima a Bellocco lo avrebbe avvertito.
La DDA, la Direzione distrettuale antimafia, evidentemente sta concentrando i suoi sforzi investigativi sulla gestione dei proventi della Nord interista. Proventi sotto la lente degli investigatori da anni, invero, ovvero dall'inchiesta avviata dopo la morte di Daniele Belardinelli prima di Inter-Napoli a Santo Stefano nel 2018. In quel fascicolo, d'altro canto, era già emerso il nome di Andrea Beretta. Assieme a quello di Vittorio Boiocchi, storico leader della curva frettato nell'ottobre del 2022. Beretta, all'epoca, era emerso come il principale controllore della rivendita di biglietti in curva. «Quelli sono i nostri soldi — ripeteva — e dobbiamo prenderli noi». Un anno fa, però, nella Nord sono entrati i calabresi. E gli equilibri, di per sé già fragili, dopo questo omicidio sono destinati a saltare.