La risposta

Quei russi in vacanza in Ticino che non riescono a tornare a casa

Il Consiglio di Stato risponde alla consultazione sull'introduzione dello statuto di protezione S per i profughi ucraini – E spuntano anche i russi e la possibilità di chiedere asilo
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Red. Online
09.03.2022 16:46

Il permesso S. È la soluzione pensata dalla Confederazione per accogliere al meglio le persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Uno statuto di protezione mai utilizzato prima, adottato dagli Stati membri dell'UE. Ciò consentirebbe - ha spiegato la consigliera federale Karin Keller-Sutter - ai rifugiati di ottenere un diritto di soggiorno in Svizzera senza espletare una procedura d’asilo ordinaria, oltre a qualche «ritocco»: le persone potrebbero viaggiare nello spazio Schengen, esercitare un’attività lucrativa dopo appena un mese, essere alloggiate direttamente nei Cantoni (che riceverebbero una somma forfettaria a copertura delle spese per l’alloggio, l’assicurazione malattia obbligatoria e l’assistenza diretta), anche in abitazioni private, e richiedere dopo cinque anni un permesso B. «Il Consiglio federale consulterà i Cantoni e le organizzazioni partner» ha annunciato Keller-Sutter venerdì. La risposta del Canton Ticino è arrivata oggi.

«Sì» al permesso S e non solo per gli ucraini
Il Governo ticinese ritiene «giustificato» concedere questo tipo di protezione ai cittadini ucraini e ai loro familiari. Fino ad ora in Svizzera - ha fatto sapere oggi la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) - si contano 1.314 rifugiati dall'Ucraina. Di questi, 999 sono in centri d'asilo e 315 alloggiati presso privati. Il 40% sono bambini e il 70% - includendo minorenni e maggiorenni - di sesso femminile. Per una questione di equità, «si giustifica» di estendere il permesso anche alle persone che prima dello scoppio del conflitto (il 24 febbraio 2022) avevano ricevuto dall'Ucraina o a livello internazionale uno statuto di protezione, ma pure ai cittadini stranieri residenti in Ucraina e impossibilitati a ritornare nel loro Paese d’origine (questione da accertare a livello svizzero da parte della SEM, come pure se non possano essere rinviati verso il primo Paese in cui avevano depositato domanda di protezione, come previsto dalla procedura di Dublino).

Permesso a lavorare
Il Consiglio di Stato ritiene che prima di poter esercitare un'attività lucrativa sul nostro territorio, dovrebbero vivervi da almeno due mesi (in ogni caso non meno di 30 giorni), in modo da poter «acquisire le conoscenze linguistiche e sociali minime per inserirsi nel mondo del lavoro locale», anche qualora decidessero di iniziare un'attività indipendente. L'obiettivo è di «mantenere la stessa procedura di notifica in vigore per i permessi concernenti gli ammessi provvisoriamente in Svizzera, al fine di facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro e raggiungere in tempi brevi l’autonomia finanziaria».

La libertà di movimento all'interno dello spazio Schengen senza autorizzazione da parte della SEM, secondo il Governo ticinese, dovrebbe essere mantenuta solo per coloro che già prima di arrivare in Svizzera ne disponevano (perché in possesso di un passaporto biometrico).

Punti critici
Posto che l'accoglienza è condivisa, così come uno statuto speciale trattandosi di persone in fuga dalla guerra, non mancano le criticità. Il Ticino fa notare che se «al momento i cittadini ucraini che sono arrivati sul suolo elvetico possono risiedere in uno dei numerosi alloggi privati messi a loro disposizione, non è chiaro se, dopo la concessione del permesso S, essi potranno continuare a risiedervi, godendo quindi della libertà di domiciliazione, oppure se dovranno– alla pari dei richiedenti l’asilo e delle persone ammesse provvisoriamente – essere collocati negli alloggi definiti dall’autorità cantonale». Nell’ambito del ricongiungimento familiare bisogna inoltre chiarire cosa si intenda come «parenti stretti». 

Secondo il Consiglio di Stato, Berna dovrebbe pure riconoscere un'indennità ai Cantoni almeno parziale per gestire le attività di insegnamento delle lingue nazionali e di inserimento. 

«Se la guerra finisce li rinviamo a casa»
In previsione del rilascio del permesso S, il Ticino ritiene «inderogabile che la SEM provveda ad accertare la presenza di precedenti condanne in Svizzera, di divieti d’entrata in corso di validità, di iscrizioni in RIPOL o in altre banche dati inerenti a crimini (es. ECRIS), e in caso affermativo proceda a rifiutare o non rinnovare lo statuto di protezione». E «chiede a medio lungo termine alla SEM di effettuare dei periodici accertamenti sull’attualità della necessità di protezione (come avviene già ora nel caso delle persone ammesse provvisoriamente), affinché qualora lo stato di crisi dovesse terminare, intervenga per togliere il permesso S e rinviare gli interessati verso il Paese d’origine divenuto nel frattempo sicuro».

Il Cantone, infine, «la definizione di criteri chiari per il passaggio dal permesso S al permesso B».

E i russi?
E qui, il Consiglio di Stato chiude. Senza dimenticare di menzionare un «problema collaterale»: i russi in vacanza in Svizzera che, dopo l’inizio delle ostilità, hanno segnalato alle Autorità la loro impossibilità a ritornare in Patria. «Finora queste persone sono state invitate dagli Uffici cantonali a far rientro in Russia per vie alternative a quella del volo diretto, facendo scalo in Paesi terzi». Ciononostante, il Ticino è dell'avviso «che queste persone avranno la facoltà di chiedere la proroga del visto turistico o, addirittura, di inoltrare presso un Centro Federale d’asilo (CFA) una domanda di asilo in Svizzera».

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