Giustizia

Non si torna più indietro

Le donne andranno in pensione a 65 anni: il Tribunale federale non annulla la votazione sulla riforma AVS21 – Determinanti la certezza del diritto e la buona fede – Funiciello: «Il Governo deve prendersi la responsabilità degli errori»
©JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Luca Faranda
12.12.2024 20:01

Erano decine le donne di tutte le età presenti sulle scale del Tribunale federale di Losanna. Attendevano una sentenza storica. E la aspettavano soprattutto le donne nate nel 1961: sono loro le prime toccate dall’innalzamento dell’età pensionabile. A partire dal primo gennaio 2025, tra meno di tre settimane, entrerà infatti in vigore la seconda parte della riforma AVS21. Sì, ora è confermato.

Dopo la sconfitta alle urne, il campo rosso-verde (all’origine dei ricorsi) ha dovuto subire una seconda battuta d’arresto. Quella definitiva. I giudici del Tribunale federale, al termine di una lunga udienza pubblica, hanno infatti spento ogni speranza: tutti e cinque i ricorsi (provenienti dai cantoni di Berna, Ginevra, Neuchâtel, Vaud e Zurigo) contro la votazione del 25 settembre 2022 sono stati respinti. Le proiezioni sull’AVS erano inesatte e il Governo ha diffuso informazioni errate. Tuttavia, non è detto che ciò abbia influenzato in maniera determinante il risultato alle urne.

Legame indissolubile

I cinque giudici della prima Corte di diritto pubblico – tre uomini e due donne – sono stati chiari: «L’annullamento del voto non entra in linea di conto per ragioni attinenti alla sicurezza del diritto e alla protezione della buona fede». Tradotto: una parte della riforma è già entrata in vigore e «tornare indietro sarebbe impossibile».

I due oggetti presenti nella riforma, ovvero l’aumento dell’IVA (i sì hanno sfiorato il 55,1%) e l’aumento dell’età di riferimento per le donne (accolto solo con il 50,55% dei voti), erano legati al momento del voto e questo legame è stato considerato indissolubile anche davanti alla giustizia. Non si può, come chiedevano ad esempio alcuni ricorrenti, annullare solo il voto legato all’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne, seppur accolto di strettissima misura.

«Accettiamo il verdetto»

«Accettiamo il verdetto», afferma sconsolata Lisa Mazzone. La presidente dei Verdi è una delle persone che ha deciso di ricorrere al Tribunale federale, poco dopo l’annuncio del pasticcio sulle previsioni dell’AVS dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS). Tuttavia, l’ex consigliera agli Stati ginevrina è delusa dalla «mancanza di coraggio dei giudici, che non hanno voluto riconoscere la gravità di questi errori».

Nelle quasi tre ore di udienza pubblica, i giudici della prima Corte di diritto pubblico hanno discusso a lungo le argomentazioni dei ricorrenti. Uno dei punti centrali della contestazione era infatti la possibile violazione dell’articolo 34 della Costituzione, relativa ai diritti politici. La maggioranza dei giudici ha in sostanza deciso di non decidere: «La questione di sapere se l’elettorato sia stato informato in modo errato può rimanere aperta». I magistrati, infatti, avevano deciso in ogni caso di respingere il ricorso. «Ma non si può banalizzare un errore che riguarda migliaia e migliaia di donne. Solo le due giudici, donne, hanno riconosciuto che c’era una violazione grave dei diritti politici. E questo, a mio avviso, non è certo un caso. Dimostra l’importanza di avere una corretta rappresentazione», sottolinea Mazzone, precisando che ciò non deve accadere solo nella giustizia, ma ovunque. Anche in Parlamento.

L’Esecutivo prende atto

Chiuso definitivamente il capitolo giudiziario, si apre subito quello politico. «Il Consiglio federale prende atto della sentenza e ne attende le motivazioni scritte dettagliate per trarre le dovute conclusioni», indica una nota governativa.

Per la consigliera nazionale Tamara Funiciello (anche lei era tra le ricorrenti), ciò non basta: «I giudici hanno detto chiaramente che il Consiglio federale non è stato trasparente e ha commesso degli errori. E sono errori gravi, che devono avere conseguenze. Vogliamo che le donne nella generazione di transizione siano risarcite e ricevano rendite più elevate», aggiunge la deputata bernese, co-presidente delle Donne socialiste, sostenendo che bisognerà migliorare le condizioni per le donne e colmare il divario pensionistico. Non solo nel primo pilastro, ma anche nella previdenza professionale, riconoscendo pure il lavoro di cura e di assistenza tra le mura domestiche. A suo avviso, la sentenza è una sconfitta per tutte le donne.

Serve più trasparenza

La decisione di non accogliere il ricorso, tuttavia, non cancella gli errori commessi. In base alle recenti proiezioni aggiornate (rese note a metà settembre), è emerso che le spese dell’AVS per il 2033 erano state sovrastimate di 2,5 miliardi.

A fare la differenza alle urne, tra il sì e il no alla parificazione dell’età di pensionamento, sono stati solo una manciata di voti: 31.195. Le proiezioni fornite dall’UFAS erano però errate già durante le discussioni in Parlamento e in seguito durante la campagna di voto dell’AVS21. «Bisogna essere coscienti che si tratta di proiezioni e non di dati certi», ha sottolineato uno dei giudici. I modelli di calcolo elaborati negli scorsi mesi, con tutti i dati corretti, hanno mostrato anch’essi ampie differenze.

Il Consiglio federale avrebbe dovuto essere più trasparente sulle previsioni, dato che sono incerte. Tuttavia, il trend negativo sulle prospettive dell’AVS è stato confermato: la situazione delle casse del primo pilastro, a lungo termine, rimane critica. Pertanto, sottolineano i giudici, non si è trattato di una «violazione flagrante dei diritti».

La riforma AVS21

Il 25 settembre 2022, Popolo e Cantoni hanno accettato la riforma AVS21, che dovrebbe garantire il finanziamento dell’AVS fino al 2030. È divisa in due progetti: il primo, già entrato in vigore il 1. gennaio 2024, è l’aumento dell’IVA dal 7,7 all’8,1%. L’aliquota speciale per il settore alberghiero dal 3,7 al 3,8% e quella ridotta dal 2,5 al 2,6%. Il referendum, obbligatorio, è stato approvato dal 55,1% dei votanti e dalla maggioranza dei Cantoni.

Il secondo progetto - più contestato e accolto solo dal 50,55% dei votanti - riguarda principalmente l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne (da 64 a 65 anni). L’aumento dell’età di riferimento è graduale e inizierà il 1. gennaio 2025: la classe 1961 andrà in pensione a 64 anni e 3 mesi; la classe 1962 a 64 anni e 6 mesi (nel 2026); la classe 1963 a 64 anni e 9 mesi (nel 2027) e infine, a partire dal 2028, l’età di pensionamento sarà di 65 anni per tutte e tutti. Con l’AVS21 sono previste anche misure di compensazione per le donne nate tra il 1961 e il 1969: concretamente, queste riceveranno un supplemento della rendita, che varia a seconda della classe d’età e del reddito.

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