Caso docenti: «Il risultato inequivocabile di un sistema di abilitazione illogico e ingiusto»

Il caso dell'abilitazione dei tredici docenti presso il DFA continua a far discutere. Dopo che, nelle scorse ore, il PLR ha attaccato Emanuele Berger, attraverso un'interpellanza dal titolo: «La conduzione della Divisione della scuola merita ancora fiducia?», è arrivata anche la presa di posizione di nove docenti che hanno seguito i 13 insegnanti di italiano abilitati al DFA nella loro pratica professionale.
Nella loro lettera, sottolineano come l'episodio sia stato «il risultato inequivocabile di un sistema di abilitazione illogico e ingiusto». In quanto docenti, attivi nei licei cantonali e coinvolti in prima persona nel percorso formativo dei tredici aspiranti insegnanti, si sono dunque «sentiti in dovere di manifestare il loro dissenso», con la speranza che la loro posizione possa dare «un contributo alla discussione pubblica e politica sulla questione».
«Per diventare insegnante nei licei ticinesi è previsto un concorso di assunzione, organizzato e gestito dal Cantone, che contempla tra i requisiti minimi un’abilitazione post-universitaria per l’insegnamento nelle scuole di maturità. Nel Ticino questo diploma è rilasciato dal Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della SUPSI, che ogni anno abilita un numero prefissato di docenti per alcune materie selezionate: un numero proporzionale, secondo gli obiettivi, alle reali esigenze della scuola ticinese», si legge nelle prime righe della lettera. «Col tempo, tuttavia, l’aumento di aspiranti insegnanti ammessi alla formazione e il contemporaneo calo della popolazione scolastica dovuto a ragioni demografiche ha generato situazioni sempre meno chiare, producendo alla fine un cortocircuito paradossale». In particolare, come si legge nel documento, nell’anno accademico 2024-2025 sono stati ammessi e formati ben tredici insegnanti di italiano per il medio superiore «a fronte di un bisogno pressoché nullo delle scuole ticinesi. Ne consegue che a questi ultimi si prospettano anni di precariato prima di poter essere assorbiti nel sistema scolastico», spiegano i docenti.
Ma non è tutto. «Nel tempo, il percorso per diventare docente nel settore medio superiore è diventato, come scrive Fabio Camponovo, che si è occupato per anni della formazione degli insegnanti tenendo corsi sia all’Università di Friburgo sia al DFA, «una via crucis e una lotteria»: bisogna aspettare l’anno di abilitazione per la propria materia (ogni 4-5 anni circa), sperare quindi di essere ammessi e augurarsi infine che si apra il concorso cantonale di assunzione». Come anticipato nella lettera, si tratta di formazione post-universitaria: motivo per cui, come spiegano i nove docenti, bisogna considerare che «si chiede a dei professionisti di interrompere le loro carriere lavorative e di svolgere un anno di formazione senza stipendio e senza la certezza dell’assunzione».
«Un sistema ibrido, non libero – come accade invece in altre scuole pedagogiche svizzere – e non realmente professionalizzante, è a nostro parere indifendibile: promuovendo tale pratica il DFA sembrerebbe infatti dimostrarsi più attento al proprio interesse che a quello della scuola. Allo stato attuale delle cose, il percorso di abilitazione, che dovrebbe da un lato orientare i giovani docenti e dall’altro garantirne la qualità, risulta un disservizio, perché indebolisce l’istituzione scolastica e la figura dell’insegnante, entrambe già in crisi».
Nella convinzione che «una scuola solida sia il presupposto per una società sana», i nove docenti concludono sottolineando di ritenere «doveroso per il DECS interrogarsi sulla bontà di un sistema che manifesta, da anni, evidenti storture e che rende oltremodo complesso e aleatorio l’accesso dei nuovi insegnanti alla professione».