Il caso

Dimissioni di Ermani, la procedura disciplinare è sospesa

Il presidente del Tribunale penale ha motivato la decisione con problemi di salute – Il legale Luigi Mattei: «Scelta radicale e definitiva per il bene della Giustizia» – Damiano Stefani: «Il dossier a suo carico ora decade» – Norman Gobbi: «L’operatività è comunque garantita»
© CdT/Chiara Zocchetti

Mauro Ermani si è dimesso con effetto immediato. Lo ha comunicato questa mattina il suo legale, Luigi Mattei, in una lettera inviata al segretario generale del Gran Consiglio. Il passo indietro dalla carica di giudice del Tribunale penale cantonale (TPC), si legge in una nota stampa, è motivato «dal sensibile peggioramento delle sue condizioni di salute, intervenuto in queste settimane». Nella lettera, Ermani ha chiesto espressamente che tali dimissioni possano essere accolte nel più breve tempo possibile. Spetterà ora all’Ufficio presidenziale accogliere la richiesta avanzata dal presidente del TPC di lasciare in anticipo rispetto ai sei mesi previsti dalla legge in caso di disdetta del rapporto di lavoro.

Da noi contattato, il presidente del Consiglio della Magistratura, Damiano Stefani, chiarisce: «Trattandosi di problemi di salute, non dovrebbero esserci particolari impedimenti nell’avallare la riduzione del termine di disdetta delle dimissioni di Ermani. Ad ogni modo, è all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio che spetta l’onere di stabilire, in base alla Legge sull’organizzazione giudiziaria (LOG), se vi sono o meno “interessi essenziali che si oppongono a rendere effettive da subito le dimissioni”». Una procedura confermataci anche dal presidente del Gran Consiglio Michele Guerra. «Come Ufficio presidenziale, decideremo nei prossimi giorni», assicura il primo cittadino.

«Inabile al lavoro»

Secondo quanto reso noto da Mattei, Ermani si è visto costretto a sospendere l’attività lavorativa «dopo aver fatto ogni sforzo e dedicato ogni energia per assicurare il prosieguo dell’attività giudiziaria nei difficili mesi che hanno preceduto la fine dell’anno, assolvendo a tutti i gravosi impegni in agenda». Gli ultimi dibattimenti celebrati da Ermani risalgono a tre settimane fa. Lunedì 16 dicembre, il giudice ha infatti presieduto sei processi. Tornando alla decisione di Ermani, «si tratta - scrive Mattei - di una scelta radicale e definitiva, fatta per il bene del Tribunale medesimo, cui non gioverebbe certo un giudice in carica e tuttavia inabile al lavoro per un periodo non ancora determinabile ma sicuramente significativo, soprattutto nella attuale delicata situazione.

«Situazione complessa»

Di fatto, le dimissioni di Ermani seguono di poche settimane la destituzione, decisa dal Consiglio della Magistratura (CdM), dei colleghi Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Al TPC, dunque, restano attualmente in carica i soli Marco Villa (vicepresidente) e Amos Pagnamenta. Al riguardo, Stefani - in qualità di presidente dell’organo di vigilanza - non nasconde la sua preoccupazione. «È chiaramente una situazione complessa, ma lo è già da un anno». In relazione alla destituzione dei giudici Verda Chiocchetti e Quadri, la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello ha già indentificato una soluzione, aggiunge Stefani: «Ora si attende la decisione sull’effetto sospensivo dei ricorsi presentati dai due magistrati». In ogni caso, assicura dal canto suo il direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, l’operatività del TPC, è garantita: «Nonostante la vicenda abbia scatenato discussioni pubbliche, il Tribunale ha lavorato bene grazie ai professionisti che vi operano al suo interno e all’organizzazione messa in atto da Ermani». In ogni caso, secondo il consigliere di Stato, nell’ambito dell’agenda dei vari processi, la precedenza ora andrà accordata «a chi si trova in detenzione preventiva o in espiazione anticipata della pena». Di contro, gli altri dibattimenti, che riguardano imputati a piede libero, verranno agendati in seconda battuta.

Se ne parlerà in Commissione

«Per quanto riguarda l’operatività, ci sono tutti gli strumenti per intervenire in tempi celeri», rileva il presidente della Commissione giustizia e diritti Fiorenzo Dadò. «Ci si attendeva da tempo che venissero designati i supplenti e, a questo punto, ci auguriamo che a giorni la questione venga risolta. Delle due, l’una: o prima il Tribunale viaggiava a ritmi ridotti, oppure ora è urgente intervenire». Ad ogni modo, secondo Dadò la questione del clima di lavoro resta prioritaria: «Non è che tutto è stato risolto con le dimissioni di Ermani. Il clima all’interno del TPC va ricostruito, ma soprattutto bisogna fare in modo che situazioni del genere, che sono il risultato di atteggiamenti inadeguati che perduravano da troppo tempo, non abbiano a ripetersi. I processi di controllo interno non hanno funzionato e bisogna capire perché». La stessa Commissione Giustizia e diritti, conclude Dadò, si occuperà del tema lunedì prossimo.

Le foto della bufera

Resta tuttavia ancora aperto un aspetto centrale: che cosa ne sarà della procedura disciplinare ancora pendente avviata dal Consiglio della Magistratura a carico di Ermani? Come spiega ancora Stefani, questa decadrà in base all’articolo 31 del Regolamento del Consiglio della Magistratura. «La procedura disciplinare viene sospesa in caso di mancata rielezione o in caso di dimissione del magistrato che ne è oggetto».

Nel dettaglio, a carico del giudice Ermani, il CdM aveva aperto una procedura disciplinare a seguito dei fatti segnalati da una segretaria del TPC alla Sezione delle risorse umane per un presunto caso di mobbing (poi smentito) messo in atto da una collega e, più in generale, per il clima pesante all’interno dell’istituzione. La segretaria aveva poi completato la sua segnalazione, trasmettendo al CdM alcune immagini e alcuni messaggi WhatsApp scambiati tra lei e il giudice. Sono proprio queste immagini ad aver avuto maggiore eco mediatico. Tra di esse, c’era infatti quella con i due falli di plastica, poi sottoposta al procuratore straordinario Franco Passini. Il quale non ha ravvisato la presenza del reato di pornografia imputato a Ermani da Quadri e Verda Chiocchetti. Il magistrato ha pertanto emanato un decreto di non luogo a procedere, nel frattempo cresciuto in giudicato.

Un secondo incarto («ma non una procedura disciplinare») era stato aperto d’ufficio, come da prassi, non appena il CdM era stato informato della denuncia penale dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti nei confronti dei colleghi Ermani, Villa e Pagnamenta per reati contro l’onore; circostanza che è poi stata smentita dal procuratore Passini e, in seconda istanza, anche dalla Corte dei reclami penali. Nel frattempo, alla luce di questa sentenza (anticipata a dicembre dal Corriere del Ticino), l’incarto, conferma oggi Stefani, è di fatto già stato chiuso.

Per quanto concerne, invece, la foto dei due falli di plastica, il decreto di non luogo a procedere firmato dal magistrato grigionese non avrebbe comunque esentato il CdM dal doversi esprimere sull’opportunità di un simile invio, valutando, per esempio, la compatibilità del comportamento con i doveri deontologici di un magistrato. Come spiega Stefani, «queste valutazioni seguono criteri diversi rispetto a quelli del diritto penale, e il non luogo a procedere, di fatto, non avrebbe esaurito la pratica disciplinare».

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