Territorio

Lex Birolini a Muzzano? «No, nessun favoritismo»

Il Consiglio di Stato risponde all’interrogazione di Tuto Rossi e Fabio Schnellmann: «L’attività svolta dalla ditta di scavi è lecita anche se difetta delle autorizzazioni edilizie o non è conforme al Piano regolatore comunale»
© CdT/Chiara Zocchetti
Nico Nonella
15.06.2024 06:00

A Muzzano non vige alcuna Lex Birolini. Tradotto: la ditta di scavi non ha ricevuto favoritismi di sorta dal Cantone. Certo, vi era una situazione di irregolarità, ma è stata presentata una domanda di costruzione che ha ricevuto un preavviso favorevole; quindi, la procedura è stata rispettata e non spetta al Cantone intervenire, bensì al Comune. In sintesi, è questa la risposta data dal Consiglio di Stato a un’interrogazione di Tuto Rossi (deputato dell’UDC ma anche legale del Comune nella vertenza) e Fabio Schnellmann (granconsigliere del PLR) che chiedeva lumi all’Esecutivo cantonale sulla presenza della ditta e su presunti favoritismi di cui essa avrebbe beneficiato.

Deciderà il TRAM

Al centro di tutto l’annosa diatriba tra la Birolini – attiva dal 2003 su concessione su due particelle: una di proprietà del demanio e l’altra di una fondazione privata – e il Comune di Muzzano. La riassumiamo: lo scorso anno, il Tribunale federale aveva confermato il divieto d’uso deciso dal Municipio, in quanto le attività svolte dalla ditta edile non erano conformi al Piano regolatore. Intanto, però, la Birolini aveva presentato un progetto, parzialmente a posteriori, per la realizzazione di un nuovo impianto di riciclaggio di materiali inerti e calcestruzzo in via Industria. L’idea era sistemare l’attuale comparto, molto criticato da diversi cittadini per i depositi di materiale a cielo aperto. La domanda di costruzione aveva ricevuto preavviso favorevole dalla Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo lo scorso 30 giugno e dall’Ufficio domande di costruzione il 5 agosto, ma il Comune aveva negato la licenza edilizia. La Birolini aveva ricorso al Consiglio di Stato, ottenendo ragione, e la palla è ora nel campo del Tribunale amministrativo cantonale.

Legale o illegale?

Torniamo quindi all’interrogazione. Rossi e Schnellmann ponevano all’Esecutivo una serie di domande, ad esempio: come mai la ditta ha potuto operare tutti questi anni in contrasto con il Piano regolatore? Il Cantone l’ha in qualche modo favorita? Come detto, il Consiglio di Stato ha rigettato le accuse. Favoritismi? «Non ce ne sono stati: la ditta ha beneficiato unicamente del corretto disbrigo delle proprie procedure edilizie». Più in dettaglio, «il Cantone, in qualità di proprietario di parte dei fondi su cui è esercitata l’attività della ditta, non ha mostrato condiscendenza alcuna nei confronti della Birolini SA. Stante l’irregolarità di talune situazioni, già l’11 giugno 2019 ha prospettato lo scioglimento o il mancato rinnovo delle concessioni concernenti l’utilizzo delle superfici demaniali. Conseguentemente, la Birolini SA, al fine di regolarizzare la sua situazione, ha proceduto alla presentazione di una domanda edilizia volta a realizzare un nuovo centro di riciclaggio e un nuovo impianto per la produzione di calcestruzzo; domanda preavvisata favorevolmente dai servizi cantonali e il cui il diniego di licenza da parte del Comune di Muzzano è tuttora sub judice». In parole povere: al Cantone il progetto di risanamento andava bene, al Municipio no. Dunque, se la veda quest’ultimo, cui spetta il compito di polizia edilizia così come «l’onere di applicare concretamente» la sentenza del Tribunale federale che sanciva il divieto d’uso.

Un’altra criticità sollevata riguardava la legalità o meno dell’attività della ditta: Rossi e Schnellmann chiedevano al Governo di chiarire se «l’esercizio di attività illegali non rientri in qualche fattispecie di reato penale». Anche in questo caso la risposta è no: pur essendoci un contrasto con il Piano regolatore, non si configura alcun reato penalmente rilevante: «Dal Registro di commercio – replica il Governo – si evince che lo scopo sociale della Birolini SA non è la perpetrazione di reati», bensì «l’esecuzione di scavi e trasporti, scavi meccanici, demolizioni, fornitura di sabbia e ghiaia (...), nonché ogni altra attività connessa con tali servizi». E questa lecita finalità, «rimane lecita anche nell’ipotesi in cui dovessero fare difetto delle autorizzazioni edilizie o non dovesse essere data la conformità con le zone previste dal Piano regolatore comunale».

Sito inquinato?

Restava aperto un ultimo punto sollevato dai due deputati: l’impatto ambientale dell’attività. Nella risposta, il Consiglio di Stato spiega che «il sedime è utilizzato dagli anni ’70 e ai sensi dell’Ordinanza sui siti contaminati (Ositi) e l’intera area è classificata come sito inquinato per il quale, allo stato delle conoscenze, non sono prevedibili effetti dannosi o molesti». In ogni caso, «sui fondi citati non sono mai state eseguite indagini OSiti. Non si può quindi escludere che il terreno in questione presenti inquinamenti puntuali. L’attività corrente è stata verificata in passato dalla Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo, che non ha mai ravvisato situazioni che lasciassero ipotizzare dei reati ambientali».

In questo articolo:
Correlati