Il reportage

«Noi, giovani ispirati al cinema, a Locarno possiamo sognare»

Viaggio sui luoghi di ripresa di studentesse e studenti del CISA, il Conservatorio di scienze audiovisive – «Siamo all'opera per i nostri lavori di diploma, ma vogliamo continuare ad affascinare il pubblico con le nostre storie»
© CISA/MAD
Jona Mantovan
28.04.2025 06:00

In una casa a Cerentino con un’anziana affetta da demenza senile il giorno del suo compleanno. Oppure ad Ascona, in una discoteca che, forse, esiste solo nell’immaginazione di chi si trova all’interno di quel locale buio. O, ancora, in una città mineraria che si sposta come una carovana sotto l’aurora boreale svedese. Sono tre esempi dei lavori di diploma sui quali altrettanti gruppi di studenti di cinema del CISA di Locarno (il Conservatorio internazionale di scienze audiovisive) è all’opera. «Qui possiamo vivere i nostri sogni, ispirati alla settima arte», raccontano al Corriere del Ticino. «Ma lo faremo anche in futuro, perché vogliamo continuare ad affascinare il pubblico con le nostre storie. E di quelle ne abbiamo tante, ma tante», sottolineano con aria di sfida.

Passi da gigante

L’appuntamento è all’ingresso della scuola, sul retro del PalaCinema. Un trio di aspiranti cineasti «di rappresentanza» fa strada in un locale decorato da un ingombrante cassa di legno lunga un paio di metri, con le pareti laterali «a soffietto». «È una delle prime cineprese», spiega Erica Bulian. Dal 1895 la tecnica ha fatto passi da gigante, anche se l’attrezzatura professionale richiede comunque un certo impegno e conoscenze specifiche. La giovane, al terzo anno come gli altri colleghi, sta ultimando la specializzazione nella direzione della fotografia.

Il mio ruolo è dedicato alla cura delle luci e dell’aspetto visivo nella produzione, basato su Caravaggio
Erica Bulian, studentessa al terzo anno in direzione della fotografia

«Il mio ruolo è dedicato all’illuminazione, oltre che alla cura dell’aspetto visivo del film». E parla dell’ultimo progetto sul quale ha lavorato, intitolato «Fuori luogo» e ambientato all’interno di una cascina nel paesino della Val Rovana: «Abbiamo scelto uno stile caravaggesco, rinascimentale». Per lei, il luogo montano è stata una scoperta: «Amo la natura e ne eravamo circondati. Abbiamo avuto anche la fortuna di poterci muovere con tranquillità rispetto a un ambiente urbano, il proprietario dell’immobile è stato molto disponibile», afferma la 23.enne, che ricorda una delle prove più ostiche: «Durante le riprese notturne c’era un forte vento e gli impianti rischiavano di cadere, ma, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a completare tutto con successo».

Difficoltà all’orizzonte

Le fa eco la coetanea Lilly Di Rosa, nata e cresciuta nella «Regina del Verbano» e che segue il percorso di regia: «Ho dovuto affrontare un bel problema, perché mio padre, che da copione sarebbe dovuto essere il protagonista, si è trasferito in un’altra nazione e ho dovuto scritturare qualcun altro. Nella pellicola - intitolata “Disco d(e)ad”, gioco di parole tra “dad”, padre e “dead”, morto -, ci sono pure io e dovevo fingere che l’attore fosse mio papà». Il lavoro, ispirato dalla repentina scomparsa di numerosi locali che animavano la vita notturna nella regione, combina girato d’archivio, di finzione e documentaristico, come pure un po’ di animazione. «La sfida è far funzionare tutti questi elementi insieme e sorprendere lo spettatore».

Il freddo del nord

Come gli altri, in futuro vorrebbe approfondire un tema che le sta a cuore: se per Erica sono i centri sociali, per Lilly sono le sue radici in Bulgaria, «continuando a sviluppare documentari», ribadisce con un sorriso.

Infine, ecco Flavio Papa, che per realizzare «Fronte interno» (regia di Francesco Poloni) ha dovuto seguire, in veste di produttore, il trasporto del materiale sin nel regno di Stoccolma: «Sembra una banalità, ma ci sono varie scartoffie da compilare prima di imbarcare tutto l’armamentario che ci serve», evidenzia il 25.enne, che in passato ha frequentato una scuola di comunicazione d’impresa a Milano ma che oggi si è trasferito in città. «Avevamo anche il timore che la macchina da presa e le batterie potessero fare cilecca nel freddo nordico, ma tutto è filato liscio». Il filmato (ancora da concludere) segue un gruppo rap di Kiruna. «È la prima volta che lavoro all’estero e mi ha colpito anche l’esperienza, ogni sera, di vedere l’aurora boreale dal vivo».

«Sono un biglietto da visita»

«I film di diploma rappresentano non solo una sintesi tra lo sviluppo del talento narrativo, visivo e tecnico acquisito nel triennio, ma pure un biglietto da visita per entrare nel mondo professionale», rileva in conclusione il direttore del CISA, Marco Poloni.

«I nostri studenti realizzano i loro progetti sia sul territorio, valorizzando risorse locali, sia all’estero, instaurando collaborazioni internazionali. Con questi valori, ci impegniamo a formare professionisti creativi e competenti, pronti a dare un contributo al panorama audiovisivo contemporaneo». 

NOTA DI REDAZIONE: il cognome di Erica Bulian, in una prima versione di quest'articolo, non era stato scritto correttamente.

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