Lugano

Tema cantonale o non problema? L’autogestione divide la politica

Tra poco meno di un mese il Gran Consiglio deciderà quale via seguire: attivarsi per una soluzione anche fuori dai confini luganesi oppure chiudere metaforicamente le porte di Palazzo delle Orsoline – La Città osserva, interessata
© CdT/Gabriele Putzu
Nico Nonella
15.10.2024 06:00

Non è materia di questa sessione di Gran Consiglio – se ne discuterà infatti tra tre settimane – ma il tema è di quelli “caldi”. Soprattutto per Lugano. Il Legislativo cantonale è infatti chiamato a decidere quale sarà la strategia sull’autogestione. E meglio: riconoscere che si tratta di un tema di rilevanza cantonale e non più solo locale e attivarsi per trovare una soluzione (ossia anche un’eventuale sede) anche al di fuori dei confini di Lugano oppure se chiudere a doppia mandata il portone di Palazzo delle Orsoline e non fare assolutamente nulla.

Il tema, ne avevamo riferito nell’edizione di venerdì, è tornato d’attualità dopo che in Commissione sanità e sicurezza sociale sono stati firmati due rapporti sulla mozione del deputato democentrista e già municipale luganese Tiziano Galeazzi che, in sostanza, chiede la Governo cantonale di attivarsi per trovare una soluzione “ticinese”. Una richiesta non nuova, quella che da Lugano è arrivata nei corridoi di Palazzo delle Orsoline: se ne parla dal lontano 2012… Ebbene, come riferito la scorsa settimana, il rapporto di maggioranza della relatrice Laura Riget (PS) è stato sottoscritto oltre che dai socialisti anche da PLR, Verdi e Più donne e invita «il Consiglio di Stato ad avanzare soluzioni concrete, realistiche e attuabili entro un arco temporale ragionevole». Quello di minoranza della leghista Sabrina Aldi, firmato da Lega e Centro, propone in sintesi di chiudere la porta a una soluzione cantonale e all’autogestione stessa («Non è compito dell’ente pubblico forzare un gruppo di persone che ha dimostrato ripetutamente di non aver nessuna intenzione di intavolare discussioni o mediazioni a trovare un accordo»).

Questione di priorità

La via politica da seguire verrà decisa tra meno di un mese e, numeri alla mano, tutto verrà deciso sul filo di lana. Con Lugano spettatrice molto interessata: «Evidentemente il tema autogestione non è solo di Lugano e il Cantone ha senz’altro un parco immobiliare interessante, a cui sarebbe molto utile poter far capo anche per questo tema», è la lettura della municipale e capodicastero Sicurezza Karin Valenzano Rossi, con cui si era aperto un canale di discussione con gli autonomi dopo l’occupazione delle ex scuole di Viganello, l’estate scorsa. Insomma, nonostante la finestra di dialogo si fosse praticamente chiusa dopo l’ultima occupazione, a Capo San Martino, seguire la via proposta dalla minoranza commissionale appare una soluzione ad oggi un po’ troppo estrema. «Personalmente ritengo che i canali di dialogo debbano sempre poter rimanere aperti», osserva Valenzano Rossi. «Dal mio punto di vista, qualsiasi soluzione dovrà però avvenire nel rispetto minimo delle regole di buona convivenza e civiltà». Senza dimenticare che «la situazione finanziaria del Cantone così come della Città fanno sì che anche l’autogestione debba essere ponderata nell’ambito della fissazione delle priorità». Più lapidario il sindaco Michele Foletti: «La mozione è superata dagli eventi. Era stata presentata quando a Lugano c’erano solo gli autogestiti, adesso il discorso si è ampliato alla cultura indipendente e la posizione della Città è chiara: nell’ambito delle richieste formulate con la Carta della Gerra, il dialogo con questa realtà insieme al Cantone, è aperto». E con l’autogestione? La porta è chiusa. D’altronde, già in un’intervista concessa al CdT lo scorso 30 dicembre, Foletti era stato chiaro: «Non è un tema rilevante».

Numeri alla mano

Ma torniamo a Bellinzona. Come detto, numeri alla mano l’esito finale della votazione potrebbe non essere così scontato come sembra. Se i rapporti di forza emersi in Commissione sanità e sicurezza sociale reggeranno anche in aula, la maggioranza targata PLR, PS, Verdi e Più Donne potrebbe contare su 40 voti, contro i 30 (anzi, 29 visto che il presidente, il leghista Michele Guerra, non voterà) di Centro e Lega. I restanti partiti che non fanno gruppo (Avanti, PVL, HelvEthica, MPS e PC) dispongono di 11 voti, mentre l’UDC, che sul tema non è unanime (e chissà che le cannonate di ieri tra il direttore del DT Claudio Zali contro l’UDC in occasione del voto sul futuro della tassa di collegamento, e le posizioni opposte dei due partiti, non lascino più di un segno) ne ha 9. L’autore della mozione, Tiziano Galeazzi, sosterrà per esempio il rapporto targato PS, e potrebbe non essere il solo. «Quanto proposto dalla maggioranza si avvicina molto di più al contenuto della mia mozione rispetto a quella della minoranza», osserva il deputato democentrista. «Fino a oggi il Cantone è rimasto in disparte e non ha mai dato un sostegno concreto alla Città di Lugano. Deve assumersi le sue responsabilità. Adesso la situazione è di calma piatta, ma se un domani tornassimo alle occupazioni sarebbe bene avere pronto un piano B. Non dimentichiamo – prosegue – che anche i Comuni limitrofi sottovalutano la questione, ritenendo sia solo luganese. Ma non è così. Paghiamo tantissimo di perequazione ma quando Lugano ha un problema tutti si girano dall’altra parte».

Equilibri delicati

E gli altri partiti? Il Centro, ci spiega il capogruppo Maurizio Agustoni, deve ancora discuterne all’interno del gruppo ma è orientato a sostenere la posizione già espressa dalla minoranza. Il PLR, che in Commissione ha appunto sostenuto il rapporto del PS, potrebbe schierarsi, afferma la capogruppo Alessandra Gianella, a maggioranza per la proposta di... minoranza. Insomma, tutto è aperto.

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