Politica

Apertura sull’autogestione: «Il tema è pure cantonale»

Dopo oltre dieci anni, il Parlamento potrà esprimersi sul ruolo del Consiglio di Stato – Per la maggioranza targata PLR, PS, Verdi e Più Donne, il Governo deve «identificare e mettere a disposizione strutture adeguate» – Per Lega e Centro, invece, il dialogo è da considerarsi chiuso
© CdT/Chiara Zocchetti

Dopo oltre dieci anni di attesa, il Parlamento potrà finalmente esprimersi su un tema rimasto ancora senza una risposta politica ufficiale: il ruolo di Palazzo delle Orsoline nella questione dell’autogestione, tornata di stretta attualità negli ultimi anni con la demolizione del Molino (con annessi strascichi penali) e le varie occupazioni, dall’ex Fischer a Capo San Martino. Nel 2012 la politica luganese – gli allora deputati Fabio Schnellmann, Roberto Badaracco (PLR) e Gianrico Corti (PS) – aveva formulato una richiesta al Governo: aiutateci a trovare una soluzione (principalmente, una sede) anche al di fuori dei confini cittadini. Da allora ci sono stati atti parlamentari depositati e poi ritirati, mozioni, discussioni commissionali e un parere del consiglio di Stato. Mancava, però, l’ultimo capitolo: il parere del Gran Consiglio. Ebbene, oggi in Commissione sanità e sicurezza sociale sono stati firmati due rapporti sulla mozione del deputato democentrista Tiziano Galeazzi, il quale chiedeva al Governo di avere un ruolo attivo nella ricerca di «un’alternativa di localizzazione» che non sia per forza a Lugano. E non sono mancate le sorprese.

In una zona urbana

Il rapporto di maggioranza della relatrice Laura Riget (PS), infatti, accoglie parzialmente la richiesta di Galeazzi, invitando «il Consiglio di Stato ad avanzare soluzioni concrete, realistiche e attuabili entro un arco temporale ragionevole». Per la maggioranza della Commissione (PS, Verdi, PLR e Più Donne) è dunque «necessario che il Governo si adoperi per identificare e mettere a disposizione strutture adeguate». Questo non significa solo «fornire un luogo» (che, viene precisato, deve essere in una zona urbana e accessibile dai mezzi pubblici) ma anche creare le condizioni «affinché questo tipo di realtà possa operare sul territorio». Come affermato dalla stessa relatrice al CdT, «con il rapporto si sottolinea che la tematica non riguarda solo Lugano e, più in generale, si tratta di un’apertura verso l’autogestione in quanto tale con l’auspicio che si possano trovare soluzioni positive anche in Ticino, come avvenuto a Berna e Zurigo».

Nessun passo avanti

Di parere diametralmente opposto, va da sé, il rapporto di minoranza della leghista Sabrina Aldi che, in sintesi, aderisce (in parte) alla posizione del Governo. Se l’Esecutivo, nel giugno del 2021 aveva raccomandato di respingere la proposta di Galeazzi definendo l’autogestione come un fenomeno «esclusivamente luganese», il rapporto di minoranza, sottoscritto da Lega e Centro, va ben oltre e critica apertamente l’autogestione luganese. «Non è compito dell’ente pubblico forzare un gruppo di persone che ha dimostrato ripetutamente di non aver nessuna intenzione di intavolare discussioni o mediazioni a trovare un accordo». In parole povere: nessun dialogo con gli autogestiti. E tantomeno nessuna ricerca di spazi da destinarle, né dentro né fuori dai confini luganesi. La minoranza commissionale sottolinea che l’autogestione così come intesa dagli stessi autonomi, è totalmente libera e senza che vi sia alcun genere di organizzazione o personalità giuridica ed è dunque semplicemente impossibile riconoscerli e «poter loro attribuire diritti e doveri». Siccome sul fronte del dialogo «dall’agosto del 2021 a oggi nulla è cambiato e gli autogestiti non hanno fatto alcun tipo di passo avanti nei confronti dell’autorità», la Commissione propone di respingere in toto la mozione.

Se ne parla da 12 anni

La richiesta di un maggior coinvolgimento del Cantone ha come detto radici lontane nel tempo. L’atto parlamentare originale, del 2012, era rimasto nel cassetto per quasi dieci anni ed era approdato sul tavolo della Commissione sanità e sicurezza sociale nel marzo del 2021. Dopo quasi un mese e mezzo di discussioni si era arrivati alla firma di un rapporto – relatori i luganesi Galeazzi e Raoul Ghisletta (PS) – che invitava l’Esecutivo a individuare degli spazi di proprietà del Cantone in tutto il territorio ticinese. Ma l’atteso dibattito in Parlamento, alla fine, non c’era stato: a metà giugno, Schnellmann e cofirmatari avevano deciso di ritirare la mozione dopo che il Governo aveva assicurato che avrebbe cercato un mediatore e una sede. Uno sviluppo che aveva spinto Galeazzi a presentare la mozione citata in apertura.

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