Se le campane disturbano
Prima di Natale, il Consiglio parrocchiale di Hochdorf, nel Canton Lucerna, ha preso la decisione di diminuire la frequenza e la durata del suono delle campane della chiesa cattolica del villaggio. L’ha fatto - dichiara - come gesto di comprensione verso un gruppo di abitanti che si sentivano disturbati dallo scandire delle ore durante la notte. Il Consiglio parrocchiale si imbroda evocando la «capacità di compromesso tipicamente elvetica» che - riducendo la frequenza dei rintocchi senza eliminarli - permette di conciliare «il dovere di preservare un’istituzione culturale cristiana come le campane» con la volontà di «venire incontro a chi lo percepisce come un rumore molesto». Non solo durante la notte i rintocchi saranno più brevi, ma in un prossimo futuro anche lo scampanìo che chiama a raccolta i fedeli e quello che annuncia l’Angelus saranno abbreviati.
Queste modifiche non potranno essere introdotte immediatamente poiché implicano lavori complicati e costosi sul meccanismo di funzionamento della batteria campanaria. Ma verranno effettuate. Il Consiglio parrochiale era convinto che facendo un gesto di comprensione avrebbe soddisfatto il gruppo degli infastiditi. Non solo. Come tradisce il titolo del Comunicato stampa pubblicato prima di Natale («Affinché la Chiesa resti in mezzo al villaggio»), l’intenzione era probabilmente anche un’altra: fare un’operazione di marketing volta non solo a calmare gli animi di chi non sente minimamente «il dovere di preservare le istituzioni culturali cristiane» ma anche a cercare di frenare l’esodo di fedeli che negli ultimi anni è pronunciato. Come spesso capita (anche in politica) con operazioni di marketing basate su interessi più che su valori, l’iniziativa si è rivelata un buco nell’acqua. Lo dimostrano i commenti al Comunicato stampa del Consiglio parrocchiale pubblicato dal giornale locale Seetaler Bote. Ne cito due: «Mi rallegro che lo scampanìo della Chiesa in futuro sarà ridotto. Ma il desiderio di chi non vuole campane nelle ore notturne è stato disatteso». Oppure: «Di notte basta un rintocco di campana per disturbarti il sonno. Quanto sia lungo lo scampanìo conta poco». Per alcuni, le campane sono solo rumore e i loro rintocchi non evocano profondi valori condivisi ma addirittura fastidio esistenziale.
Ad esempio, qualche tempo fa, una maestra di Yoga di Zurigo-Wollishofen, aveva dichiarato al Blick che «il suono delle campane le aveva fatto perdere la pace interiore». Anzi - aveva dichiarato solennemente al giornale - «Prego Dio di ammutolire le campane della Chiesa». Finora la sua preghiera non è stata esaudita. Né dal Creatore e neppure dal Tribunale federale, che su questo tema il 13 dicembre 2017 ha emanato una sentenza che fa ancora giurisprudenza. Una coppia di Wädenswil che si riteneva lesa dai rintocchi delle campane ogni quarto d’ora durante la notte aveva fatto ricorso fino a Mon Repos, che aveva tuttavia dato ragione non ai ricorrenti bensì alla Chiesa riformata di Wädenswil. Interessanti le motivazioni addotte dal Tribunale federale, per almeno due motivi: il primo perché non poggiano su questioni di fede religiosa ma di patrimonio culturale, il secondo perché i giudici federali non considerano prioritari gli argomenti addotti dall’Ufficio federale dell’ambiente a favore dei ricorrenti. L’UFAM aveva infatti affermato che «la rinuncia ai rintocchi notturni delle campane, dal punto di vista della protezione contro il rumore era una misura opportuna per ridurre l’inquinamento fonico» (sic). Il Tribunale federale stabilisce invece che «il rintocco ogni quarto d’ora non indica l’ora precisa, bensì lo scorrere del tempo. È un suono ripetuto, familiare e tranquillizzante, che accompagna l’insieme dello scorrere del tempo durante le 24 ore». Non pratico lo yoga ma ricordo, anni fa, una conferenza di Eranos a Minusio in cui si diceva che anche nella meditazione indiana la ripetizione ha un ruolo centrale: quella dei movimenti, delle immagini e anche dei suoni e dei mantra. Le grandi culture e civiltà convergono, non dividono. Basta conoscerle, tenerle vive e condividerle.