«È una persona malata, non un killer»
(Aggiornato alle 18.45) «L’imputato che abbiamo davanti è una persona malata, non si può fare astrazione da questo punto nel giudicarlo». Ha esordito così l'avvocato Luca Guidicelli, patrocinatore del 22.enne sangallese a processo davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Siro Quadri per i fatti di Solduno avvenuti nell'ottobre 2021, quando sparò alla sua ex compagna con un fucile a pallettoni. «Il mio assistito soffre di un grave disturbo della personalità di tipo misto e di sindrome depressiva ricorrente oltre a una sindrome da disadattamento con disturbo delle emozioni e della condotta. Inoltre, entrambi i periti psichiatrici che lo hanno visitato, concordano su una sua scemata responsabilità di grado lieve». Guidicelli ha quindi chiesto per il suo assistito una pena massima di otto anni (di cui due già espiati) da scontare in una struttura adeguata dove possa seguire una misura terapeutica stazionaria. Martedì in aula, lo ricordiamo, era stato il turno dell’accusa con il procuratore pubblico Roberto Ruggeri che aveva chiesto nei confronti dell’imputato una pena di 17 anni di carcere da scontare per tentato assassinio e per gli altri capi d’imputazione presenti nell’atto di accusa. La sentenza nei confronti del 22.enne è attesa per lunedì prossimo.
«Confuso e bislacco»
«Il suo agire non è stato quello di un killer professionista, l’imputato non è andato in quella palazzina per uccidere», ha rilevato Guidicelli, motivando la propria richiesta e contestando così l’accusa di tentato assassinio, chiedendo di ritenere come massimo reato le lesioni corporali gravi. «Nessun indizio - ha proseguito il legale - indica che il 22.enne fosse lì per compiere una strage. Nella sua testa, per quanto possa sembrare strano alle persone mentalmente sane, voleva solo parlare con la vittima». E ancora: «Questo ragazzo è un povero malato mentale, un paranoico. Si immagina di poter incontrare la sua ex e che questa possa essere disposta a dialogare con lui».
A mente del difensore, quello pensato dall’imputato era un piano «bislacco e non certamente organizzato», che testimonia come nell’agire del 22.enne non vi fosse un disegno preciso, ma solo i suoi problemi mentali. «Quella che lui ha messo in piedi è un’accozzaglia di cose senza senso e senza razionalità, non ha di certo dimostrato l’organizzazione di un killer. Non vi era premeditazione nei suoi atti». A sostegno di questa tesi Guidicelli ha parlato anche «dell’arsenale» che il giovane ha portato con sé fino a Solduno: «Se fosse stato un killer si sarebbe portato solo il fucile. Bastava quello. A cosa servivano le manette o il taser?».
«Potessi tornerei indietro»
Come da prassi, l’imputato ha avuto l’ultima parola una volta chiusa la fase dibattimentale. Un’occasione che il 22.enne ha colto per scusarsi, leggendo una lettera scritta di suo pugno. «Sono in un momento molto difficile della mia vita, da due anni mi trovo in carcere», ha esordito. «La cosa a cui tengo di più è chiedere scusa e perdono alla mia ex. Se potessi tornare in dietro e cambiare quello che ho fatto lo farei subito, ma sono consapevole che le mie parole non possono cambiare quello che è successo. Mi scuso anche con il compagno della mia ex che non conoscevo e al quale ho provocato molta paura. Voglio chiedere scusa e perdono anche alle loro famiglie, soprattutto quella della mia ex compagna, per la paura e l’ansia che ho provocato loro».