La storia

Ecco la «ragazza delle campane» spuntare tra tonnellate di bronzo

La testimonianza di Aline Camponovo, nata e cresciuta a Losanna ma ticinese, studentessa universitaria e nel tempo libero «campanara» per passione
Con cinque note è possibile suonare tantissime melodie, comprese le più moderne e popolari (e Aline lo sa molto bene...) © Ti-Press/Pablo Gianinazzi
Jona Mantovan
04.01.2025 06:00

«Vuoi mettere la giacca? C’è un vento gelido». «No, anzi! Ho appena finito di suonare in cima al campanile e ho caldo! È impegnativo, dal punto di vista fisico», esclama Aline Camponovo. Ventitré anni, ticinese ma nata e cresciuta a Losanna, ha appena concluso una sessione di «rebatt» a Golino. La frazione del comune locarnese di Centovalli è un luogo di riferimento e «scuola» per chi, come lei, nel tempo libero ama allietare le serate (soprattutto natalizie) con il caldo timbro di questi enormi strumenti musicali.

Ma com’è finita qui, la «ragazza delle campane»? Questo particolare interesse - che sembra quasi infuso nel suo cognome - risale a quando era molto piccola, grazie a una curiosa abitudine: «Mia nonna, quando ero in Ticino, mi prendeva in braccio dopo avermi avvolta in una coperta e mi portava sul balcone a sentire il vespro. Se non c’era questo rituale, non andava bene». Le caratteristiche vibrazioni non sono tanto presenti nel paesaggio losannese, tuttavia il padre riesce a trovare un rimedio: «Ogni sabato, mi portava in cima alla cattedrale della città. Lì, potevo bussare sul “bronzo” più imponente», dice sorridente e mimando un «toc toc» con la nocca.

Inseguendo i rintocchi

Per anni la questione si limita a collezionare «inseguimenti» di batacchi e loro rintocchi. Finché un giorno Aline, durante un seminario di epigrafia latina all’università, scambia qualche parola con l’assistente, Romeo Dell’Era. «Mi rivela di essere un musicista pratico di torri campanarie. E io gli rispondo subito: “fantastico, mi interessa!”. E così, finisce che mi invita proprio dove siamo ora; per la prima volta, ho potuto mettere le mani, o sarebbe meglio dire i pugni, su una tastiera unica nel suo genere. Era il 25 aprile 2021». Non nega di aver provato un po’ di agitazione prima di percuotere le barre metalliche collegate ai loro «pachidermi»: «Le onde che generano si sentono a grandi distanze e non volevo commettere errori nell’eseguire una melodia che tutti conoscono. Tuttavia, dopo i primi istanti, mi sono divertita».

Non è solo la stazza a colpire, ma anche la profondità storica e culturale di questi corpi metallici in grado di vibrare
Aline Camponovo, ticinese nata e cresciuta a Losanna, 23 anni

Un viaggio nel tempo

La sua prima esibizione (detta appunto «rebatt» o «allegria) ha avuto lo scopo di chiamare il pubblico alla celebrazione del patrono, San Giorgio. «Ma interpretare brani con le “squille” è sempre una grande emozione. Sono strumenti da 400 chili che rimbombano nel paesaggio. Hanno un significato storico e culturale profondo: servivano a comunicare messaggi, a segnare le ore e a chiamare per la messa. Trovarsi lassù è come compiere un viaggio nel tempo, come aprire una finestra sul passato».

La nostra interlocutrice diventa così un’abitudinaria del luogo, a pochi minuti da Locarno. «Sì, possiamo dire che c’è una sorta di scuola campanaria grazie a Patrizio Zurini. Lui trasmette questa passione invitando gli interessati come me a numerose serate. Devo dire, poi, che la struttura è molto ben tenuta e possiamo contare su cinque fantastici mastodonti, a ognuno dei quali corrisponde una nota», evidenzia riferendosi al «carillon» in formato mondiale, installato dalla ditta Bizzozzero di Varese tra il 1813 e il 1888.

Entra in scena il veterano

Nonostante ne manchino un paio per completare la scala diatonica, dato che si arriva solo fino al «sol», è comunque possibile sfoggiare un notevole repertorio di canzoni, comprese le più moderne e popolari. «Sarà anche per questo che Patrizio ha piazzato una sfera di specchi da discoteca proprio al centro delle cupolone, sopra la pulsantierona?», si chiede con una battuta. «È la “campadisco”», interviene una voce squillante dal fondo della navata. «Ma guarda, è proprio lui... il veterano dei campanari, il “papà” di tutti noi», scherza ancora la giovane. «In realtà, quel “pallone” dà un bell’effetto luminoso una scia di stelle». Una decorazione sorprendente.

Dai Gotthard ai Queen

Camponovo rivolge al 60.enne - il quale nella vita è operaio per la manutenzione della linea della Centovallina - alcune domande su tonalità, accordi, modi di muoversi. In effetti, l’esperto è in grado di far riecheggiare le composizioni più inaspettate. Dai Gotthard ai Queen, passando persino per «Bandiera rossa». Ora, però, il sole è calato e l’effetto di calore dato dalle «percosse sonore» è svanito. È il momento di indossare i giacconi e salutare per rientrare a casa. Sperando che, in futuro, si possa continuare a udire lo scampanìo - magari imperfetto - operato da persone anziché da macchine programmate per muovere elettronicamente i batacchi.

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