Rapidità, efficienza ed empatia: la chirurgia va verso il futuro

Il San Giovanni aggiunge un altro tassello al suo percorso di ammodernamento strutturale e di avanguardia medica. Dopo il pronto soccorso è stato il turno del nuovo blocco operatorio, la cui inaugurazione è avvenuta questa mattina alla presenza di diverse autorità. Una data, quella del 14 aprile, non scelta a caso. Anzi: si tratta del giorno esatto in cui ricorre l’85. anniversario dall’inaugurazione del nosocomio, avvenuta nel 1940. «Celebriamo un importante traguardo ma anche un nuovo inizio», ha esordito Alessandro Bressan, direttore dell’Ospedale regionale di Bellinzona e Valli, nel presentare i punti più importanti della nuova struttura. Alla cerimonia ufficiale erano presenti anche Raffaele De Rosa, consigliere di Stato e direttore del Dipartimento sanità e socialità, insieme a diversi granconsiglieri, il sindaco di Bellinzona Mario Branda, Glauco Martinetti, direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC), Andrea Saporito, direttore sanitario del San Giovanni e l’architetto Lorenzo Orsi che, con il suo consorzio di progettazione, ha realizzato il cantiere e portato a conclusione l’opera. L’obiettivo è, naturalmente, quello di garantire una continuità di servizio in attesa e in prospettiva della realizzazione del nuovo ospedale alla Saleggina, il cui iter è al momento bloccato da questioni pianificatorie.
L’ultimo prato edificabile
Il nuovo blocco operatorio, che sarà completamente operativo dal mese di giugno, conta 6 modernissime sale operatorie che permetteranno a 60 chirurghi e al resto del personale di rispondere in modo rapido e puntuale alle necessità dei pazienti. E non solo pazienti adulti: nella struttura di Bellinzona opera infatti la chirurgia pediatrica (dagli 0 ai 6 anni) di tutto il cantone. L’investimento per la realizzazione del nuovo blocco ammonta a 26 milioni, e la sua costruzione è stata progettata sull’ultimo prato ancora edificabile al San Giovanni; un elemento non da poco perché, come spiega Bressan, non è stata necessaria alcuna interruzione dell’attività ospedaliera per la sua realizzazione. Questo, inoltre, dovrebbe essere anche l’ultimo intervento di un certo peso apportato al San Giovanni, contando ancora qualche lavoro al piano terra e quelli di rifinitura al nuovo pronto soccorso.
Oltre 8 mila operazioni
L’idea di realizzare un blocco operatorio ex novo è partita da lontano, come spiegato da Bressan. «Il progetto è nato nel 2016 con l’idea iniziale di ammodernare gli spazi già esistenti, ma abbiamo visto che non era possibile procedere in questo modo ed era necessario creare una nuova struttura. L’attuale sezione operatoria, che conta 5 sale, dopo 30 anni di servizio era infatti ormai diventata obsoleta, le manutenzioni difficili e non rispettava più i requisiti di legge». Insomma, lo spazio attuale non era più adeguato «e, di pari passo, stava aumentando anche il volume operatorio». In ogni caso, ha aggiunto il direttore, i servizi sanitari offerti sono sempre stati di alta qualità: «Il nostro team interdisciplinare ha saputo utilizzare al meglio il blocco attuale». E a transitare per il blocco attuale sono stati moltissimi pazienti: oltre 8 mila quelli operati lo scorso anno, di cui il 70% in degenza e il 30% in day hospital. Mentre, negli ultimi 30 anni, sono state oltre 200 mila le persone passate per le sale operatorie e 4 mila i bimbi nati con parto cesareo.
Il punto di riferimento
«Questo non è solo un luogo di cura, ma un simbolo di fiducia e un punto di riferimento per le persone», ha detto dal canto suo Raffaele De Rosa. «Un segno tangibile della voglia di investire in qualità delle cure e sicurezza per gli operatori». Gli ha fatto eco Mario Branda ripercorrendo la storia e le origini dell’ospedale: «Non solo è un punto di fierezza per i bellinzonesi, ma anche una risposta a una presa a carico sanitaria moderna, rapida e performante per traghettare il San Giovanni verso il futuro. Anche perché è uno dei tasselli più importanti per la nostra Città, come le Officine, che si è sviluppato ed è cresciuto nel corso degli anni e i bellinzonesi lo hanno sentito subito come qualcosa di proprio». «Questo è un progetto che si iscrive nella serie di investimenti fatti per il nuovo ciclo di vita delle strutture ospedaliere cantonali», ha spiegato Glauco Martinetti. Con un ciclo di vita che normalmente è di 30-35 anni, «mentre per Bellinzona l’idea è quella di ridare un mezzo ciclo, in ottica di un trasferimento dell’ospedale alla Saleggina». E questo insieme alla tendenza, sempre più attuale, di traghettare la normale medicina verso quella ambulatoriale, «con minori costi e un decorso post-operatorio più semplice».
Abbattere il «non-luogo»
A fornire un punto di vista da ‘addetto ai lavori’ è stato poi il dottor Andrea Saporito. «Se dovessi descrivere un blocco operatorio a chi non ci è mai stato direi che è un ‘non-luogo’. Una sorta di bolla, impersonale, uguale in tutte le parti del mondo, dove la cosa più importante è la funzionalità. Come un aeroporto o una stazione di servizio, dove le persone vengono considerate utenti e si pensa solo a come facilitare il loro flusso all’interno della struttura. Ecco, il concetto di fondo che ha guidato la realizzazione del nuovo blocco era che questo non dovesse essere un ‘non-luogo’, ma un vero luogo di accoglienza». Dove, insomma, «i pazienti si sentano protetti e tutelati nella loro intimità, dove vi sia un’interazione umana ed empatica con il personale. E dove sentano di essere a Bellinzona».