L'intervista

«Nessuna controperizia: l'ospedale lo costruiremo alla Saleggina»

Nostra intervista al direttore generale dell'EOC Glauco Martinetti sui problemi pianificatori del futuro nosocomio di Bellinzona da 380 milioni - «Non abbiamo alternative: o restiamo al San Giovanni o lo edifichiamo su quei terreni, senza perdere ulteriore tempo»
Il futuro ospedale. © Rendering EOC
Alan Del Don
09.12.2024 06:00

Sono state settimane intense per l’Ente ospedaliero cantonale ed il suo direttore generale Glauco Martinetti. Il quale ha voluto (e dovuto) ripercorrere tutto l’iter relativo al futuro ospedale previsto alla Saleggina di Bellinzona, la cui edificabilità è stata messa in dubbio da un parere giuridico del Dipartimento del territorio. Nell’intervista concessa in esclusiva al Corriere del Ticino Martinetti fa chiarezza su tutto e svela che non vi sarà nessuna controperizia: l’unica alternativa al vetusto San Giovanni è realizzare il nosocomio sui terreni individuati.

Il parere giuridico del Dipartimento del territorio (DT) sugli aspetti pianificatori relativi ai terreni di Bellinzona sui quali è prevista la costruzione dell’ospedale regionale del Sopraceneri è stata una doccia fredda, sia per il Municipio sia per l’Ente ospedaliero cantonale (EOC). Dato che siete stati voi stessi, quindi EOC ed Esecutivo cittadino, a chiedere un rapporto dettagliato, significa che avevate dei dubbi sull’effettiva e concreta edificabilità del nosocomio su quei fondi?
«L’iter per l’identificazione della superficie ideale da adibire al nuovo ospedale è durato un decennio. Dopo le prime valutazioni preliminari, che hanno contemplato anche l’aspetto dell’edificabilità, pur con i cambiamenti di legge nel frattempo intervenuti, abbiamo sempre ricevuto rassicurazioni in merito alla possibilità di insediare il nosocomio in quel comparto. Prima di iniziare la fase di vera progettazione (finora abbiamo unicamente un progetto di massima vincitore del concorso) era importante avere definitivamente chiarito questo aspetto pianificatorio. L’EOC e la Città hanno quindi chiesto al dipartimento preposto quale strumento pianificatorio fosse più adatto (Piano d’utilizzo cantonale? Piano regolatore comunale?). Nessuno si aspettava questa conclusione».

Né nel Programma di concorso dell’EOC né nel rapporto della giuria (che ha scelto il progetto «Il profumo dei tigli» degli architetti Arnaboldi e Gaggini) si è mai fatto riferimento ad eventuali possibili problemi edificatori alla Saleggina. Andiamo oltre, nemmeno nel messaggio del Consiglio di Stato (relativo al credito di 16 milioni di franchi per l’acquisto dei terreni) né nel rapporto della Commissione della Gestione del Gran Consiglio né (a parte rarissime eccezioni) durante la discussione plenaria in Parlamento. Come si spiega tutto ciò? Non c’è stato proprio nessuno che ha (mai) sollevato dei dubbi sull’edificabilità?
«Con il Dipartimento del territorio abbiamo discusso per circa un decennio per individuare la soluzione della Saleggina e i dubbi, a questo punto la certezza, sulla non edificabilità, sono arrivati la scorsa fine estate con il rapporto interno del DT. Può sembrare paradossale, ma è così».

Il messaggio governativo è stato allestito da ben quattro dipartimenti su cinque (tutti tranne il DECS, per capirci). Immaginiamo che durante l’elaborazione dello stesso vi siano stati dei faccia a faccia con l’EOC o, quantomeno, degli scambi epistolari fra gli attori interessati. Considerando oltretutto che il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Raffaele De Rosa è membro del Consiglio di amministrazione dell’Ente. Da parte del DT, nello specifico, non è mai giunto un avvertimento del tipo «attenti che forse lì non si può costruire…»?
«I messaggi governativi non vengono certo condivisi con l’EOC e quindi anche nel caso di questo messaggio i quattro dipartimenti hanno agito al loro interno. Ribadisco che pure in quell’occasione, a mio modo di sapere, nessuno ha sollevato dubbi».

Quali passi avete intrapreso, come EOC, dopo la notizia emersa un mese fa riguardante il rapporto del Territorio? Avete solo ripercorso l’iter decennale che ha portato alla scelta del progetto vincitore o vi siete spinti oltre?
«La messa a concorso del progetto ha presupposto la definizione di alcuni parametri edificatori, che avrebbero comunque dovuto essere adattati a seconda del progetto vincitore. Concretamente: si fa un bando di concorso anche per avere un’idea su quali siano i parametri necessari da inserire nella zona, ad esempio che altezza massima degli stabili consentire. È infatti inutile mettere dei parametri che non si adeguano al progetto. Dopo aver preso visione del rapporto del DT abbiamo fatto tutti i nostri controlli per valutare la solidità giuridica e purtroppo abbiamo dovuto convincerci che il rapporto è solido. Non chiederemo quindi nessuna controperizia, ma ci adoperiamo in modo costruttivo per cercare la soluzione che ci permetta nel minor tempo possibile la realizzazione del nuovo ospedale».

Non vi sarà quindi nessuna controperizia, ci sta dicendo?
«EOC e Città agiscono, in questo momento e su questo frangente, in modo coordinato. Dopo tutti gli approfondimenti fatti in queste settimane, abbiamo pertanto deciso di non richiedere una controperizia. Abbiamo recepito la solidità giuridica del parere interno del DT e dunque non procederemo ad ulteriori verifiche che avrebbero quale unico risultato quello di prolungare ulteriormente i termini. La nostra priorità, ribadisco, è infatti quella di edificare il nuovo ospedale il prima possibile. E il rapporto del Territorio su questo punto è chiaro: il nosocomio, a determinate condizioni, alla Saleggina si può costruire».

Qualora si dovesse davvero dover trovare circa 100.000 metri quadrati in sostituzione di quelli «sacrificati» per far spazio all’ospedale alla Saleggina, come EOC siete pronti a collaborare con la Città per individuare dei sedimi?
«Sul reale fabbisogno di superficie da compensare stiamo ancora facendo le nostre valutazioni, soprattutto in merito ai servizi che ruotano attorno al futuro ospedale. Potremmo ad esempio, a questo punto, concentrarci sulla prima tappa con un fabbisogno inferiore (ricordiamo che per la prima fase si prevedono 57 mila metri quadrati; n.d.r.). Chiaramente la nostra collaborazione con la Città è garantita. Ma sarà anche opportuno allargare lo sguardo oltre i confini di Bellinzona».

Pensiamo all’ipotetico scenario peggiore. L’ospedale non può essere costruito alla Saleggina. Avete già delle alternative sul tavolo? Le state cercando?
«Non abbiamo alternative: o rimaniamo in collina al San Giovanni o scendiamo alla Saleggina. Tutte le ricerche degli anni passati non hanno individuato altre superfici. Se per contro dovessimo veramente dover rimanere al San Giovanni, la situazione futura la giudico critica. Tra un decennio questo ospedale non sarà più in grado di rispondere alle sollecitazioni cliniche di cui avremo necessità, penso ad esempio al tema ambulatoriale».

Scenario migliore, invece: il nosocomio può essere realizzato. Alla luce del parere giuridico del Territorio sono comunque da prevedere dei possibili ritardi. Si andrebbe oltre il 2030-2031 con il primo colpo di piccone?
«Il posticipo di alcuni anni non è drammatico: credo che se dovessimo riuscire a tagliare il nastro per il 2035 saremmo ancora nei termini, ma è chiaro che c’è un’urgenza e una necessità che diventano sempre più impellenti».

Di conseguenza anche i costi sono destinati ad aumentare? Per la prima fase, precisiamo, si preconizzano 380 milioni di franchi. Avete già fatto una stima di quanto potrebbero crescere?
«All’EOC siamo molto attenti alla gestione finanziaria e poniamo particolare attenzione alla gestione dei costi. Ciò detto, però, al momento attuale la questione è prematura».

Direttor Martinetti, sarà un ospedale regionale, sovraregionale o cantonale? Glielo chiedo perché inizialmente si parlava di nosocomio «regionale», poi è diventato tutto d’un tratto «sovraregionale» e in futuro chissà...
«È chiaramente un ospedale con contenuti di interesse preminentemente cantonali, come lo sono tutti gli ospedali dell’EOC».

Analisi e prossimi passi

Forse gli architetti che l’hanno concepito non ci hanno nemmeno pensato. Ma quel riferimento ai tigli nel nome del progetto, pianta tanto cara ad Arthur Rimbaud, il «poeta maledetto» per antonomasia, sembra non aver portato fortuna. In nove anni la Saleggina di Bellinzona è passata da «sito ideale» per accogliere il futuro ospedale del Sopraceneri ad una soluzione che per esserlo - idonea - dovrà sottostare a precise condizioni. Così ha stabilito il parere giuridico del Dipartimento del territorio, consegnato a metà agosto all’Ente ospedaliero cantonale (EOC) ed al Municipio cittadino. Il vincolo principale è quello legato alla compensazione dei circa 100.000 metri quadrati di sedimi che verranno «persi» per consentire la costruzione dell’istituto di cinque piani e 240 posti letto nonché 1.500 addetti. Il nosocomio da regionale deve diventare cantonale e la pianificazione dovrà essere portata avanti dal Cantone.

I sedimi? Non solo nella capitale

All’EOC e all’Esecutivo della Turrita va bene. Tanto che, come ci ha confermato il direttore generale dell’Ente Glauco Martinetti nell’intervista rilasciata al nostro giornale, non verrà chiesta una controperizia. Ciò per evitare lungaggini e, soprattutto, per non addentrarsi in una via lastricata di possibili (e inevitabili?) ricorsi in merito agli aspetti pianificatori quando si affronteranno le prossime decisive fasi. Un’eventuale vertenza giuridica rischierebbe di durare almeno un decennio, con possibilità di appellarsi fino al Tribunale federale. Saggiamente l’EOC ha deciso di cominciare a guardarsi in giro per individuare dei terreni da dezonare. Non solo a Bellinzona, ma anche fuori dai confini della Turrita. Questa scelta evita altresì uno «scontro» istituzionale con il Consiglio di Stato che rischierebbe, altresì, di nuocere ai rapporti con alcuni dipartimenti.

Un istituto da 240 posti letto

Alla Saleggina sorgerà un nosocomio da 240 posti letto e 5 piani, con otto sale operatorie e pure l’ospedale pediatrico del Ticino. La prima tappa (orizzonte 2031) prevede uno sviluppo su una superficie netta di 57.000 metri quadrati, mentre entro il 2046 ulteriore sviluppo per altri 44.000 metri quadri. Rimarrebbe a disposizione una riserva lorda di 33.000 mila metri quadrati.

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