Da mezzo secolo in prima linea: Isone festeggia guardando al futuro

Mezzo secolo di vita. La piazza d’armi di Isone, una delle infrastrutture militari più importanti in Svizzera, oggi - con una giornata di celebrazioni ufficiali - taglia un traguardo significativo. Da quella caserma, negli anni, sono passate decine di migliaia di reclute e soldati: granatieri, paracadutisti e forze speciali. Le élite delle forze armate della Confederazione si sono formate in Ticino, e continueranno a farlo. Nonostante la perdita della brigata di montagna, infatti, il nostro cantone rimane un punto fermo della strategia militare svizzera.
In un mondo in rapidissima evoluzione, in particolare in questi anni dove la guerra è tornata a farsi sentire nel cuore dell’Europa, anche l’esercito è chiamato a cambiare. Un cambiamento che, a Isone, si prova ad anticipare. Rimanere indietro, anche solo a livello tecnologico, significherebbe prestare il fianco a rischi impensabili fino a qualche anno fa.

Il posto giusto
Nata nel 1973 dopo un lungo dibattito politico comunale e cantonale e costata 32,4 milioni di franchi, la piazza d’armi di Isone si estende su una superficie di 21 chilometri quadrati. Nel corso del tempo alcune cose sono cambiate, certo, ma la maggior parte delle strutture è rimasta intatta. Anche la caserma principale, vista da fuori, non ha subito modifiche. Gli interventi di miglioria, però, ci sono sempre stati. Gli interni dell’edificio principale, ad esempio, sono appena stati ristrutturati completamente. Un lavoro durato tre anni ma necessario per portare a Isone gli standard militari più moderni. Oltre agli edifici che accolgono professionisti (40 persone) e reclute (due blocchi all’anno di 180 persone), ci sono poi le aree per le esercitazioni. Una, quella che si estende lungo la val Serdena, viene appositamente lasciata allo stato originale in modo da ricreare al meglio le condizioni che i soldati potrebbero trovare durante le operazioni reali. L’altra, in direzione dell’alpe del Tiglio, può contare su poligoni di tiro a breve e lunga distanza, così come appositi edifici per le esercitazioni.
Buoni rapporti con il paese
Isone, per i ticinesi, significa una sola cosa: granatieri. Un corpo d’élite nato durante la Seconda guerra mondiale. Ma per chi a Isone ci vive, è inevitabile associare la presenza dei militari al rumore. Fra civili ed esercito i rapporti sono sempre stati buoni, eppure non mancano situazioni poco piacevoli, come ci spiega il colonnello SMG Nicola Guerini, comandante delle forze speciali, che incontriamo nel suo ufficio alla caserma del Monte Ceneri. «Perseguiamo due obiettivi diametralmente opposti», riconosce. «Noi dobbiamo esercitarci, talvolta anche di notte, mentre il Municipio è tenuto a tutelare la tranquillità dei suoi abitanti. Di conseguenza possono sorgere delle incomprensioni, ma è molto raro. Da parte nostra, cerchiamo di venire incontro il più possibile agli abitanti. Senza dimenticare che, grazie a delle convenzioni, lo stesso comune trae dei benefici dalla presenza della piazza d’armi. Penso all’acquedotto, ai criteri di assunzione del personale civile che privilegiano sempre – a parità di requisiti – i residenti, ma anche alle strade finanziate dalla Confederazione. Le reclute, poi, escono una volta a settimana nei tre ristoranti del posto». Inoltre, se fino a qualche anno fa «si sparava ovunque e senza grosse limitazioni», oggi la situazione è radicalmente cambiata. Ci sono aree apposite, bisogna sottostare alla legge federale contro l’inquinamento fonico, mentre in futuro si potranno costruire stand di tiro insonorizzati. L’intera zona è recintata sfruttando la conformazione «a sacco» della vallata: la popolazione può quindi accedervi in tutta sicurezza durante il fine settimana, quando vengono aperti i cancelli. A proposito del «venirsi incontro»: l’esercito ha messo a disposizione alcuni locali al Municipio durante la ristrutturazione delle scuole comunali. Un gesto apprezzato, anche perché come ricorda Guerini, «quando si parla di convivenza, ognuno è chiamato a fare un passo indietro alla ricerca del compromesso migliore».
Quando manca l’acqua
Le riflessioni da fare, in termini di rumori eccessivi, sono all’ordine del giorno. Ma recentemente c’è stato un altro evento che ha impegnato i responsabili della piazza d’armi. Durante i lavori di ristrutturazione della caserma, l’edificio si è ritrovato senz’acqua a causa della siccità. «Stiamo adottando delle contromisure», racconta ancora Guerini. «Innanzitutto, sono in costruzione due vasche antincendio in quota. In questo modo, l’elicottero di spegnimento riuscirà ad agire più velocemente, senza dover attingere alla vasca posta sul fondovalle. Ma, un domani, potremmo anche pensare di separare la condotta che dal bacino trasporta l’acqua alla piazza d’armi e al paese. Dal profilo energetico, invece, abbiamo capito di doverci rendere autonomi per evitare un rischio di blackout. Per questo, abbiamo installato dei generatori».
Come cambia la guerra
Dai problemi locali a quelli internazionali. Sì, perché il 24 febbraio 2022 – l’inizio dell’invasione russa in Ucraina – ha segnato un punto di svolta. La guerra è tornata in Europa: un evento che ha spinto molti Stati a potenziare i rispettivi eserciti dopo anni di ridimensionamenti e tagli alla spesa. Aumenti di budget si registrano un po’ ovunque, anche in Svizzera. «Ma l’impiego dei granatieri era, rimane e rimarrà sempre offensivo», premette Guerini. «La guerra moderna ha comunque richiesto delle riflessioni a ogni livello. Oggi, ad esempio, non esiste più solo l’azione offensiva classica. Essenziali, a questo proposito, sono le azioni di sabotaggio. Situazioni che vediamo quasi ogni giorno in Ucraina». Anche l’esercito svizzero è dunque chiamato a cambiare. «Dobbiamo tornare ad avere una capacità di difesa del 100%», sottolinea il colonnello. «Ciò significa acquistare mezzi, oppure chiedersi se 100mila uomini sono davvero sufficienti. Non solo: abbiamo costruito un sistema logistico che funziona bene in tempo di pace. Eppure, non abbiamo una logistica di guerra. Molte cose, a mio avviso, dovranno cambiare nei prossimi anni».
Una conferma
Ciò che succede in Ucraina viene osservato da vicino da molte nazioni per capire quale forma assume una guerra convenzionale moderna, e in quali settori dell’esercito è necessario intervenire. «Per quanto riguarda le forze speciali, abbiamo avuto la conferma che quello che facciamo è giusto», spiega Guerini. «In Ucraina, le forze speciali agiscono in piccoli gruppi dietro le linee nemiche, per colpire infrastrutture strategiche. Posti di comando, logistica, vie di comunicazione. Inoltre, partecipano alle azioni offensive e dirigono il fuoco. Esattamente quanto viene richiesto alle forze speciali svizzere». Un insegnamento importante per la Svizzera, secondo Guerini, riguarda i carri armati. «Nella Confederazione, il terreno per carri è sempre più difficile da trovare», sostiene. «Ogni zona è fortemente edificata, le linee di tiro sarebbero costantemente interrotte dai manufatti. Quindi, oltre ad una forza di carri armati che tenga conto di questa realtà, la Confederazione dovrebbe dotarsi pure di molte più armi anticarro. Armi utilissime in un contesto come il nostro, fortemente urbanizzato. Alcune battaglie in Ucraina dimostrano questa necessità». In futuro, secondo il colonnello, bisognerà anche migliorare il processo di acquisizione degli armamenti. «La tecnologia corre velocissima», racconta Guerini. «Può capitare di richiedere degli strumenti e ritrovarseli fra le mani cinque-sei anni dopo, quando oramai sono obsoleti perché l’evoluzione tecnologica nel frattempo è proseguita». In sostanza, sostiene il comandante delle forze speciali svizzere, «servirebbe maggiore flessibilità non solo nell’acquisto di armamenti, bensì anche nella costruzione di infrastrutture militari».
Occhio di riguardo
Tornando al Ticino, secondo Guerini il nostro cantone è in una posizione fortunata. «Abbiamo perso recentemente la brigata di montagna, un simbolo, ma tutto il resto è stato mantenuto», racconta. «Qui c’è il comando forze speciali, le strutture di Isone, Monte Ceneri (con la sua base logistica), Magadino , e Airolo. Anche in termini di investimenti i segnali sono buoni: 50 milioni a Isone negli ultimi anni, altri 50 a Magadino. Inoltre, nei prossimi dieci anni, verranno spesi 150 milioni per l’ammodernamento del Ceneri. Significa che l’esercito ha sempre un occhio di riguardo per il Ticino».