Ticino

Docenti senza impiego? L'UDC invoca il «prima i nostri»

Interrogazione al Consiglio di Stato: «La presenza nel corpo insegnante di numerosi frontalieri e titolari di permesso B solleva interrogativi legittimi sulla politica di impiego pubblico nel settore educativo»
© CdT/Gabriele Putzu
Red. Online
26.03.2025 10:30

Il caso dei tredici aspiranti docenti di italiano del medio superiore a cui, nonostante l’abilitazione, non saranno assegnate ore d’insegnamento continua a far discutere. Dopo i due atti parlamentari presentati dal Partito socialista e dall’MPS, un’interrogazione e un’interpellanzala lunga presa di posizione di un gruppo di 62 docenti ma pure dei 13 abilitandi, e la lettera di nove docenti che hanno seguito gli interessati nella loro pratica professionale, sul tavolo del Consiglio di Stato è finita ora un'interrogazione dell'UDC.

Come nel caso dell'interpellanza del PLR – con la quale, concretamente, si attacca la conduzione della Divisione della scuola e Emanuele Berger nello specifico –, anche l'UDC passa dal singolo episodio a una riflessione di carattere ben più ampio. «A fronte di un calo demografico ormai strutturale che comporta una progressiva diminuzione del numero di allievi nelle scuole ticinesi, appare evidente che anche la necessità di docenti si stia riducendo», scrivono i granconsiglieri Alain Bühler, Lara Filippini, Tiziano Galeazzi, Andrea Giudici, Sergio Morisoli, Aline Prada, Tuto Rossi e Roberta Soldati.

La direttrice del DECS, Marina Carobbio Guscetti ha spiegato che il Dipartimento ha «deciso già lo scorso dicembre di avviare un dispositivo di monitoraggio con il DFA e la SUFFP che tenga conto dei dati demografici per meglio identificare il fabbisogno di docenti e le possibilità d’impiego». E la questione non riguarda solo l’italiano. 

Sulla base di queste considerazioni, i deputati UDC puntano l'attenzione su un altro fatto: «La presenza nel corpo insegnante di numerosi frontalieri e titolari di permesso B solleva interrogativi legittimi sulla politica di impiego pubblico nel settore educativo, in particolare alla luce della crescente difficoltà di accesso alla professione per molti giovani formati in Ticino e in Svizzera. Il principio della preferenza indigena fissato all’interno dei settori pubblico e parapubblico ticinesi e va rispettato».

Al Governo viene pertanto chiesto, tra le altre cose, di indicare la suddivisione per nazionalità dei docenti attivi in ciascuna categoria, come pure quanti sono titolari di permessi B, C, frontalieri o altri. E ancora: «Considerato il calo degli allievi e la conseguente minore necessità di docenti nei prossimi anni, il Consiglio di Stato è disposto a valutare, in collaborazione con le autorità comunali per i livelli di competenza, la possibilità di attuare una norma straordinaria per rescindere o non rinnovare contratti a tempo determinato a docenti frontalieri o titolari di permessi B, al fine di offrire maggiori opportunità di impiego ai giovani docenti svizzeri formati nel nostro Cantone o nel nostro Paese? Prevede la possibilità di istituire da subito un blocco immediato all’assunzione di docenti frontalieri?».

«Un problema strutturale e non contingente»

La discrepanza tra il numero di docenti formati e i posti disponibili non rappresenta un episodio isolato, ma è il risultato di una gestione del sistema di abilitazione e reclutamento da riformare, scrive dal canto suo l'associazione ErreDiPi (Rete per la difesa delle pensioni). Per affrontare il problema è necessario un intervento strutturale che preveda: «Un reale coordinamento tra DECS e DFA; un ritorno al modello “en emploi”, che permetta ai docenti di formarsi mentre già lavorano nella scuola, evitando così un eccesso di abilitati privi di sbocchi professionali; un maggiore controllo pubblico sulla formazione, riducendo la dipendenza da enti esterni; un monitoraggio trasparente e regolare, con dati pubblici aggiornati sul fabbisogno di insegnanti e sulle dinamiche delle iscrizioni nelle scuole; l’introduzione di meccanismi di tutela per gli abilitati, come l’obbligo di aprire concorsi quando vi sono docenti formati disponibili, o la possibilità di creare posti aggiuntivi attraverso un allentamento dei criteri di formazione delle classi».

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