La pianificazione ospedaliera incassa il sì
«Vorrei, ma non posso». Potremmo riassumere così il lungo iter politico che ha portato, questo pomeriggio, all’approvazione da parte del Gran Consiglio della Pianificazione ospedaliera cantonale. O meglio: della sua prima parte relativa agli indirizzi strategici proposti dal Governo. Già, perché dopo il sì incassato dal Parlamento, ora toccherà al Governo entrare nei dettagli veri e propri della pianificazione ospedaliera, allestendo l’elenco degli istituti autorizzati ad esercitare sotto la LAMal. Ovvero: a decidere quali mandati affidare a quali istituti.
«Vorrei, ma non posso», si diceva. Sì, perché nel corso del dibattito andato in scena a Palazzo delle Orsoline, sono stati in molti, tra i deputati, a sottolineare che avrebbero preferito una pianificazione «più coraggiosa», ossia che permettesse di concentrare maggiormente le prestazioni offerte, soprattutto per la medicina specialistica (non per le cure di base), riducendo così i costi sanitari e, con essi, i premi di cassa malati. Ma, è stato riconosciuto da più parti, in questo momento il compromesso raggiunto con questa pianificazione era il massimo che si potesse ottenere. Un primo passo avanti. E quindi le «scelte coraggiose» (leggasi la chiusura di reparti o la maggior concentrazione delle specialità) saranno eventualmente prese solo con la prossima pianificazione.
Dal passato al futuro
Stilare una pianificazione ospedaliera, ha riconosciuto all’inizio del suo discorso il relatore del rapporto commissionale Matteo Quadranti (PLR), «è soprattutto un esercizio di resistenza alle varie rivendicazioni, pressioni e provocazioni». Una frase che ben lascia intendere quanto sia stato faticoso raggiungere un compromesso tra tutte le parti. Ad ogni modo, ha aggiunto, questa pianificazione alcuni pregi li ha apportati. Un primo passo avanti per una pianificazione che, non a caso, lo stesso Quadranti nelle scorse settimane aveva definito «di transizione». Ma torniamo ai pregi. In primis, ha proseguito il liberale radicale, «dà l’opportunità a tutti gli attori di partire con le medesime opportunità». E questo perché, ha ricordato, alla luce dei ricorsi al Tribunale federale per la precedente pianificazione, oggi alcune strutture sottostanno a quella del 2015, altri a quella del 2005 (meno stringente). Pari opportunità per tutti, dunque. Secondo pregio: «Con questa pianificazione inseriamo il concetto del numero minimo di casi per l’attribuzione dei mandati». Numeri minimi che, ha precisato Quadranti, sono «veramente minimi», ma comunque un passo nella giusta direzione. Sulla mancanza di coraggio, infine, il deputato si è limitato a far notare che «in futuro bisognerà sicuramente affrontare scelte più complesse e difficili». Come dire: prima o poi queste «scelte difficili» andranno prese.
A ribadire la necessità di andare oltre, poi, ci ha pensato anche il deputato Alessandro Cedraschi (PLR): «Questa pianificazione è sì un passo avanti, ma non è ancora abbastanza incisiva per raggiungere l’obiettivo di ridurre i costi della sanità (e quindi i premi di cassa malati, ndr)». E questo perché, ha aggiunto, «si tiene ancora troppo conto dei regionalismi». Sullo stesso tenore l’intervento del leghista Alessandro Mazzoleni, il quale, pur riconoscendo i pregi del documento, ha suggerito per il futuro di far analizzare da un ente esterno la pianificazione.
A rispondere indirettamente alle critiche è stato il deputato del Centro Claudio Isabella, che ha messo l’accento sul fatto che «sì, tramite la pianificazione ci sono dei margini di manovra per intervenire, ma sono ridotti. E quindi non è possibile incidere in maniera preponderante sulla spesa sanitaria». In altri termini: «Se un istituto ha i requisiti, non può per legge non essere considerato al momento dell’attribuzione dei mandati». Che in parole povere significa che il Cantone non può per legge chiudere ospedali privati, o privarli dei mandati.
A sinistra dell’emiciclo, il deputato del PS Danilo Forini ha sintetizzato così il tema: «Questa pianificazione non deve essere considerata un punto di arrivo, ma di partenza». E questo perché «occorrono altri passi decisivi, da fare subito, a partire da domani». Ad imporlo, ovviamente, «è l’esplosione dei premi di cassa malati». Per Forini, dunque, «bisognerà avere il coraggio, in molti ambiti della medicina specialistica, di concentrare le attività in un unico sito. Una via obbligata che dobbiamo avere il coraggio di percorrere con più vigore».
Dal canto suo il direttore del DSS, Raffaele De Rosa, in merito alla mancanza di coraggio ha anch’esso ricordato che - in estrema sintesi - il Governo non può decidere di chiudere gli ospedali, né nel privato, tantomeno nel pubblico (in questo caso la competenza sarebbe del Parlamento). In generale, poi, ha invitato alla cautela riguardo alla concentrazione degli istituti, in particolare guardando a quanto accade in altri Cantoni (con ospedali sì «concentrati» ma in grandi difficoltà finanziarie o costretti a chiudere). Insomma, non esistono «soluzioni miracolose». Ad ogni modo, il consigliere di Stato - oltre a ricordare le varie misure messe in atto per contenere l’aumento dei costi della salute - ha ribadito che il Governo è «estremamente attento all’economicità delle cure, sia per le finanze cantonali (in difficoltà, ndr), ma soprattutto per calmierare l’aumento dei premi di cassa malati». Come dire: stiamo facendo il possibile.
Sia come sia, con 46 voti favorevoli, 7 contrari e 12 astenuti, la prima tappa della pianificazione ha incassato il sì del plenum.