Il ricordo

Lacrime e rabbia alla veglia in memoria di Arash

La morte del ventenne afghano, avvenuta al centro per richiedenti l'asilo di Cadro, secondo molti presenti si poteva evitare
© Ti-Press/Francesca Agosta
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
15.07.2023 19:15

Lacrime e rabbia oggi alla veglia funebre predisposta a Lugano in memoria di Arash, il ventenne afghano che si è tolto la vita martedì scorso al centro per richiedenti l'asilo di Cadro.

Una morte che, secondo molti presenti, si poteva evitare. E questo perché Arash era una persona buona, brava, intelligente. Una persona che studiava l'italiano e voleva conseguire una formazione per ottenere il permesso B. Tutto questo prima di precipitare in un vortice di depressione, frustrazione, rabbia e malinconia che l'avevano condotto fino all'ospedale neuropsichiatrico cantonale di Mendrisio, dove è stato in cura.

Molti amici oggi, alla veglia funebre, hanno puntato il dito contro la gestione del centro per richiedenti l'asilo di Cadro. Lacrime e rabbia per un suicidio il terzo in poco meno di un anno in Ticino che vede coinvolto un richiedente l'asilo afgano.

«Il centro di Cadro – ha detto uno degli amici di Arash – lo vedo un po’ come una prigione». E ancora: «I responsabili vi mandano i ragazzi un po’ come fosse una punizione: per me non è accettabile. Arash aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse psicologicamente. Aveva bisogno di qualcuno per parlare, mentre mandandolo da solo a Cadro, in una camera, si peggiora la situazione. Da quello che abbiamo capito era stato pure mandato in ospedale, ma la medicina e i farmaci non servono, serviva qualcuno che lo prendesse a carico meglio».

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