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Preziosi accertamenti nella gioielleria rapinata

Gli inquirenti sono tornati sul luogo del colpo (sventato) per capire fino a che punto si era spinto il malvivente che impugnava una pistola quando la polizia era entrata nel negozio – Avviata una perizia
© Ti-Press/ Pablo Gianinazzi
Stefano Lippmann
26.11.2024 06:00

Non si arresta il lavoro degli inquirenti per far luce, nei minimi dettagli, su quanto accaduto lo scorso 2 luglio in centro a Lugano. In pieno giorno fu infatti presa di mira la gioielleria Taleda.

Una rapina perpetrata da diversi uomini – collegati al gruppo criminale dei Pink Panthers – durante la quale è stato esploso anche un colpo di pistola. Azione criminale che ha fatto il giro del mondo grazie anche alle immagini immortalate da un telefonino che mostrano una colluttazione – con l’esplosione di un colpo di pistola – avvenuta tra uno dei rapinatori e un agente di polizia.

Gli accertamenti coordinati dal procuratore pubblico Simone Barca, come detto, proseguono. E giovedì scorso gli inquirenti si sono nuovamente recati nella gioielleria. Da noi interpellato, il Ministero pubblico ci conferma che «nell’ambito dell’inchiesta sulla rapina avvenuta a inizio luglio all’interno di un negozio specializzato nella vendita di orologi in via Pessina a Lugano, giovedì scorso si è svolto un atto istruttorio». Un sopralluogo con finalità ben precise: «Lo stesso è stato disposto nel contesto degli approfondimenti tecnico-scientifici per ricostruire la dinamica dei fatti». Una perizia è infatti in corso.

Perizia che, stando a quanto abbiamo potuto appurare, mira a ricostruire cosa sia accaduto all’interno della gioielleria. In particolar modo, gli inquirenti stanno cercando di capire fino a che punto si sia spinto, con la pistola in mano al momento dell’intervento dei due agenti di polizia, uno dei rapinatori (un 48.enne sedicente serbo).

L’uomo è ritenuto dagli inquirenti il più pericoloso del quartetto. Mentre arraffava il bottino, aveva puntato l’arma carica contro il poliziotto che aveva poi aperto il fuoco, dopodiché si era dato alla fuga per venir poco dopo intercettato e arrestato in zona Cattedrale. Dietro le sbarre sono finiti anche un 46.enne e un 34.enne, sedicenti cittadini croati residenti in Croazia, e un 34.enne sedicente cittadino serbo residente in Serbia.

Il 48.enne, si è inoltre appreso, era stato condannato a sei anni per una rapina nel Canton Vaud nel 2019, mentre a un secondo uomo è stato contestato un altro colpo andato in scena a metà marzo a Ginevra. Come se non bastasse, nei confronti di due membri della banda vi sono procedimenti penali aperti all’estero (in Europa) per reati analoghi. A inizio ottobre, per quel che concerne i primi quattro arrestati, il giudice dei provvedimenti coercitivi René Libotte ha disposto la loro carcerazione preventiva per altri tre mesi, accogliendo la richiesta del pp Barca. Gli accertamenti, nel frattempo, proseguono.

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