Tutto il peso di una destituzione

La decisione di destituire un giudice, come ha spiegato ieri il Consiglio della Magistratura, è «la sanzione disciplinare più pesante prevista dalla legge». Pochi, pochissimi i casi registrati negli ultimi decenni. Per risalire all’ultima volta che si è arrivati a un intervento di questa portata da parte dell’organo di vigilanza bisogna tornare ai primi anni Duemila. Allora, ad essere destituito era stato il giudice Franco Verda. Le motivazioni, va precisato, sono molto differenti da quelle che hanno portato all’estromissione di Quadri e Verda Chiocchetti.
Franco Verda, lo ricordiamo, era stato arrestato e indagato nell’estate del 2000 per corruzione passiva, istigazione alla violazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento nell’ambito del caso con al centro il presunto boss del contrabbando di sigarette Gerardo Cuomo (il caso «Ticinogate», ndr). Il 10 ottobre 2000 l’organo di vigilanza lo aveva destituito dalla carica di giudice poiché aveva ritenuto che il magistrato «aveva approfittato di una procedura di confisca di sua competenza per cercare di ottenere un illecito vantaggio pecuniario, evidenziando così un comportamento contrario alla dignità di questa carica». Verda, va precisato, era poi stato condannato penalmente in prima istanza a 18 mesi sospesi per corruzione passiva nel 2001. È deceduto tre anni più tardi.
Diverso è anche il secondo caso che citiamo, risalente al 1996. Ad essere esonerato dalla carica era stato il giudice del Tribunale d’appello Valerio Valsangiacomo a causa di, citiamo dal Corriere del Ticino del 14 giugno 1996, «seri motivi medico-sanitari». Il suo rendimento lavorativo era stato inoltre ritenuto insufficiente. A marzo del 1997 il Tribunale federale aveva messo la parole fine alla vicenda respingendo il ricorso dell’ex magistrato.
La cronistoria: dalle prime segnalazioni alle ultime sanzioni
Per ricostruire questa intricata vicenda occorre tornare all’aprile di quest’anno, quando il CdT aveva riferito delle segnalazioni incrociate fra i giudici del Tribunale penale cantonale (TPC). Da una parte Quadri e Verda Chiocchetti avevano segnalato i colleghi Ermani, Pagnamenta e Villa alla Commissione amministrativa del Tribunale d’appello riguardo a un possibile caso di mobbing messo in atto da una segretaria nei confronti di una collega (circostanza recentemente smentita, ma ci torneremo) e, più in generale, al clima pesante all’interno dell’istituzione. Gli altri tre giudici avevano a loro volta segnalato i due colleghi al Consiglio della Magistratura. L’organo di vigilanza aveva quindi cercato di trovare una mediazione fra le parti. Ma qualche mese più tardi, in luglio, Quadri e Verda Chiocchetti avevano querelato i colleghi per reati contro l’onore per i contenuti della segnalazione. E nella denuncia era allegata un’immagine – inviata dal presidente del TPC alla segretaria presunta vittima di mobbing – in cui si vedono due grandi falli di plastica in una sala d’aspetto, con una donna nel mezzo, e la scritta «ufficio penale». Di qui un’altra querela, quella per pornografia. Per il procuratore pubblico straordinario Franco Passini, però, non erano dati i presupposti giuridici per il reato contestato. E, come emerso ieri, proprio questa querela ha portato il Consiglio della Magistratura a destituire i due magistrati. Sono quindi proseguiti gli accertamenti sull’ipotesi di reato per diffamazione. Ma anche in questo caso Passini ha firmato un non luogo a procedere. Decisione recentemente confermata dalla Corte dei reclami penali.
Le accuse di mobbing
Quanto al mobbing, due settimane fa la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello – sulla base degli accertamenti svolti dall’avvocato Maria Galliani su mandato del Governo – ha escluso l’esistenza di questa fattispecie tra le due segretarie del TPC, pur riconoscendo alcuni aspetti di minore gravità per i quali alla segretaria segnalata, è stata inflitta una multa. Senza entrare nei dettagli, pare però utile ricordare che è stata proprio questa segnalazione a scatenare la lunga sequela di contro-segnalazioni e querele tra magistrati, in parte confluite al CdM, in parte in Magistratura. Tra queste, ne avevamo riferito il 18 ottobre scorso, c’era anche quella inoltrata da un cancelliere nei confronti della segretaria già segnalata. Una vicenda che, stando a nostre informazioni, si è conclusa con un richiamo scritto nei confronti di quest’ultima, nel frattempo passata alle dipendenze del Ministero pubblico. A mettere ulteriore pressione politica si è poi aggiunto il parere della Commissione giustizia e diritti del Gran Consiglio, intenzionata a chiarire la vicenda anche dopo che la Commissione amministrativa ha negato l’accesso al rapporto Galliani. Intanto, l’avvocato della segretaria che segnalò a suo tempo la collega al TPC per mobbing attende una decisione formale per valutare un eventuale ricorso. Di un altro capitolo, non direttamente collegato a questa vicenda, avevamo invece riferito lo scorso 6 dicembre: il Consiglio della Magistratura ha inflitto a Quadri una multa disciplinare di 5.000 franchi per alcune infrazioni ritenute di gravità medio-alta. In sostanza, al giudice è stato contestato di aver svolto, nella sua vita privata, la funzione di avvocato. Una sanzione che è stata impugnata. Insomma, la vicenda è ancora lungi dall’essere conclusa.