L’eterna primavera sacra dei secessionisti viennesi

«Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit». Sotto la cupola di foglie dorate intrecciate del Palazzo della Secessione viennese costruito nel 1898 da Joseph Maria Olbrich, riaperto pochi mesi fa dopo un lungo restauro, il motto emblematico («Ad ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà») ideato dal critico e scrittore Ludwig Hevesi campeggia come il titolo di un film su un’epoca e su una portentosa temperie culturale. Che ebbe anche una sua rivista/manifesto, «Ver Sacrum» di cui lo stesso Hevesi il primo a cogliere la portata del fenomeno secessionista scrisse: « Uno sguardo al primo numero della nuova rivista d’arte... Innanzitutto la pagina di testo si integra con l’immagine sì da sembrare un organismo vivente che si muove su un’unica superficie... Anche la decorazione può vivere di vita autonoma». Sull’onda di altre due riviste portavoce del gusto nuovo la monacense «Jugend» e la berlinese «Pan», «Ver Sacrum» – il cui nome rimanda alla Primavera Sacra degli antichi popoli latini– fu in pratica l’organo di stampa della Secessione viennese e propose in modo originale nuove forme di progettazione e illustrazione. L’influenza di queste novità rappresenta uno dei capisaldi della modernità dell’arte europea. Nei sei anni di pubblicazione furono prodotti espressamente per la rivista 471 disegni, 55 litografie e calcografie e 216 xilografie. Ideata da Gustav Klimt, Max Kurzweil e dal già citato Ludwig Hevesi, la rivista illustrata nacque nel 1898 ed ebbe una regolare tiratura periodica fino al 1903, racchiudendo tra le sue pagine, oltre ad importanti interventi sulla letteratura, la musica e le arti contemporanee, una ricchissima messe di incisioni e invenzioni decorative dei maestri della Secessione. L’obiettivo perseguito da «Ver Sacrum» era educare il pubblico al gusto moderno e, allo stesso tempo, dar vita a un’opera d’arte totale, la cosiddetta Gesamtkunstwerk; proprio per questo ogni numero, nella fusione tra parole, immagini, note musicali e invenzioni grafiche era un’opera d’arte in sé, una perfetta rappresentazione degli ideali secessionisti. Ora un volume raffinatissimo edito da Skira e mirabilmente curato da Valerio Terraroli raccoglie, per la prima volta, le più innovative e creative copertine di «Ver Sacrum», nonché un’antologia delle più significative xilografie, litografie e calcografie che hanno fatto di «Ver Sacrum» quello straordinario repertorio di invenzioni grafiche che tutti conoscono e ammirano. La pubblicazione racconta e illustra in 450 immagini l’originalità di un linguaggio, elaborato come vero e proprio manifesto programmatico e divenuto uno dei fondamenti della modernità. Come ha scritto il curatore del volume Valerio Terraroli «Una delle peculiarità di “Ver Sacrum” fu di non essere mai uguale a se stessa, ma di proporsi al lettore in continue variazioni sul tema, una sorta di work in progress, che mutò di numero di pagine, di editore, di formato e che vide coinvolte nel comitato di redazione, che mutava ad ogni numero, duecentosettantasei personalità del mondo dell’arte, della letteratura, della musica, della poesia e della cultura. Infine proprio la formula del quadrato nitido, che lasciava larghe zone vuote per costruire combinazioni luminose di superficie che si muoveva alternando scacchiere per evidenziare una delle due serie di caselle, fu una delle originali invenzioni della Scuola di Vienna che governava anche lo stile piatto di Gustav Klimt e dei suoi sodali». «Ver Sacrum» ebbe vita breve anche perché lo slancio dei suoi curatori si esaurì presto. Ormai l’arte nuova dei secessionisti era pronta a uscire dalle pagine di carta per permeare la realtà.