Neutralità

«Serve chiarezza sui Leopard»

Avviate due inchieste esterne per far luce sui 96 carri armati acquistati da RUAG nel 2016 e depositati in Italia – La tedesca Rheinmetall voleva appropriarsene, ma il consiglio federale si è opposto
I Leopard 1 sono utilizzati anche nel conflitto in Ucraina, ma non quelli svizzeri. ©REUTERS
Luca Faranda
21.08.2023 21:30

Una cosa, al momento, è chiara: i 96 Leopard 1 di proprietà della RUAG non finiranno in Ucraina. Ogni giorno che passa, però, la vicenda diventa sempre più intricata. Per questo motivo la «ministra» della Difesa Viola Amherd ha deciso di commissionare «un’inchiesta esterna approfondita». Lo ha comunicato oggi in serata il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). E RUAG? Anche l’azienda - interamente di proprietà della Confederazione - ha deciso a sua volta di avviare un’indagine esterna.

Un passo indietro

Facciamo chiarezza: nel 2016 la RUAG MRO, che ai tempi si chiamava ancora RUAG Holding SA, ha acquistato 96 carri armati dismessi dell’esercito italiano per 4,5 milioni di euro. Questi Leopard 1, modello «A5», ad oggi sono ancora stazionati in un deposito in Italia. Erano stati acquistati prevalentemente per assicurarsi pezzi di ricambio (l’Esercito svizzero utilizza un altro modello: i Leopard 2, ma alcuni pezzi sono compatibili, ndr).

Poi, «all’inizio del 2023 Rheinmetall ha presentato una domanda alla RUAG MRO con cui chiedeva se i carri armati da combattimento immagazzinati in Italia potessero essere acquistati», riassume il DDPS. L’obiettivo della ditta tedesca era di sistemarli e - in seguito - di inviarli in Ucraina. Stando a un’inchiesta della RSI, infatti, questi carri sono «in pessime condizioni».

A gennaio, «la Segreteria di Stato per l’economia (SECO) ha valutato positivamente l’opzione commerciale a livello informale», spiega RUAG in un comunicato pubblicato la scorsa settimana. Pertanto, nel mese di febbraio, la RUAG MRO ha firmato un contratto di compravendita proprio con Rheinmetall, avvisando tuttavia il produttore tedesco del rischio di «potenziali ostacoli nella procedura di autorizzazione».

Eppure, stando alle ricerche della RSI, la SECO già in febbraio avrebbe fornito un parere preliminare nel quale confermava il divieto di riesportazione dei carri armati.

Le incongruenze si moltiplicano

Infatti, a fine giugno il Consiglio federale - per questioni legate alla neutralità - ha deciso di respingere la richiesta di RUAG riguardante il commercio dei 96 Leopard 1. Tradotto: i carri armati non verranno venduti alla Rheinmetall e soprattutto non finiranno in Ucraina.

Il «no» del Governo poteva essere il punto finale di una vicenda già complicata. Invece, il caso si è gonfiato durante l’estate. Amherd sapeva di questo accordo? La titolare del DDPS nega, mentre stando a quanto riferisce la stessa RUAG, «il Dipartimento non è mai stato coinvolto nel processo decisionale, tuttavia è stato informato della richiesta di acquisto, così come successivamente del contratto sottoscritto con riserva».

Inoltre, anche in occasione di una riunione straordinaria del consiglio d’amministrazione della RUAG MRO tenutasi domenica «sonostate riscontrate incoerenze in relazione all’acquisto dei carri armati». Le incongruenze, insomma, si moltiplicano.

Si attendono risposte

«C’è bisogno di fare chiarezza», taglia corto il consigliere nazionale Rocco Cattaneo. Per il deputato PLR, membro della commissione della politica di sicurezza, «è una situazione imbarazzante per tutti: sembra esserci confusione all’interno della RUAG e anche nei rapporti tra l’azienda e il Consiglio federale. Ora sono state avviate due perizie esterne e speriamo che diano qualche risposta: ad esempio, bisogna capire perché questi carri armati siano stati acquistati nel 2016 e cosa sia davvero accaduto in questi mesi». Proprio oggi, la commissione ha incontrato Amherd e una parte della discussione ha riguardato i Leopard 1.

«La mia opinione personale? È ridicolo che questi mezzi non si possano vendere. Non vedo il problema nel dare questi carri all’Ucraina, un Paese sotto attacco e che condivide i nostri stessi valori», sottolinea Cattaneo.

Affrontare il passato

Ma su cosa si concentreranno le due inchieste? Quella commissionata dal DDPS dovrà «analizzare le circostanze che hanno portato all’acquisto dei carri armati nel 2016 e alla firma del contratto con Rheinmetall. Inoltre sarà oggetto di verifica in che modo il consiglio d’amministrazione fa fronte al suo obbligo di vigilanza nei confronti della direzione e se vi è la necessità di procedere ad adeguamenti per quanto riguarda la collaborazione tra il consiglio d’amministrazione e l’ente proprietario (ovvero: lo Stato, ndr)».

Proprietà incerta per 25 carri

Il cda di RUAG MRO, dal canto suo, ha accolto favorevolmente l’avvio dell’inchiesta del DDPS. L’azienda ha poi voluto avviare a sua volta un’indagine esterna per chiarire alcune questioni. «Un’azienda tedesca» (che non viene citata, ma che non è la Rheinmetall, ndr) rivendica infatti la proprietà di 25 di questi 96 carri armati. Stando a RUAG MRO, «questa richiesta - arrivata di recente - deriva da un contratto precedente».

Ad ogni modo, spiega l’azienda, Rheinmetall è stata informata «in modo trasparente» che la proprietà di 25 carri armati non era ancora stata chiarita definitivamente. RUAG ha inoltre ammesso che già in passato si sono verificate «discrepanze nelle attività commerciali» con questi Leopard 1. E la storia, evidentemente, non è ancora finita.

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