Giustizia

Caso Ermani, caduta l'ipotesi di pornografia

Una foto da non luogo a procedere: per il procuratore pubblico straordinario non vi sono i presupposti per aprire un incarto riguardante l'immagine inviata dal giudice Ermani – Proseguono però gli accertamenti per i possibili reati contro l'onore – Fiorenzo Dadò: «Resta un atteggiamento inqualificabile e inopportuno»
© CdT/Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
05.09.2024 21:30

Decreto di non luogo a procedere. Ossia: per quell’immagine raffigurante due falli giganti non erano dati i presupposti giuridici per il reato ipotizzato di pornografia. In parole povere: le accuse rivolte al giudice Mauro Ermani, dal punto di vista penale, sono prive di fondamento. Di qui la decisione del procuratore pubblico straordinario di non aprire nemmeno un incarto a suo carico, perlomeno per quanto riguarda quell’immagine che tanto ha fatto discutere nelle ultime settimane. Già, perché per le altre fattispecie contenute nella denuncia che due giudici del Tribunale penale cantonale (TPC) hanno sporto contro Ermani, ovvero di possibili reati contro l’onore (essenzialmente per diffamazione), gli accertamenti del pp «sono invece tuttora in corso».

È questo il succo della nota stampa diramata oggi dallo stesso pp straordinario, Franco Passini, nominato dal Consiglio di Stato il 14 agosto per far luce sulla vicenda.

Da dove viene la querela

Per ricostruire la vicenda occorre tornare all’aprile di quest’anno, momento in cui sono emerse le segnalazioni incrociate fra i giudici del TPC. Da una parte i giudici Quadri e Verda Chiocchetti avevano segnalato i colleghi Ermani, Pagnamenta e Villa alla Commissione amministrativa del Tribunale d’appello riguardo a un possibile caso di mobbing ai danni di una segretaria e, più in generale, al clima pesante all’interno dell’istituzione. Questi tre ultimi giudici avevano a loro volta segnalato gli altri due al Consiglio della Magistratura. L’organo di vigilanza aveva quindi cercato di trovare una mediazione fra le parti. Ma qualche mese più tardi, in luglio, Quadri e Verda Chiocchetti hanno querelato Ermani per reati contro l’onore. E nella denuncia, come ricorderete, era allegata un’immagine – inviata dal presidente del TPC a una segretaria presunta vittima di mobbing – in cui si vedono due grandi falli di plastica in una sala d’aspetto, con una donna nel mezzo, e la scritta «ufficio penale». L’immagine originale (poi diventata «meme» e presa in giro di pessimo gusto) ritrae una sala del Sexmuseum di Amsterdam, il museo del sesso della capitale dei Paesi Bassi.

Ora, appunto, è arrivata la decisione del pp straordinario su quell’immagine e la relativa ipotesi di reato di pornografia. Ipotesi, appunto, scartata sul nascere da Passini, che ora proseguirà gli accertamenti sull’ipotesi di reato per diffamazione.

La reazione

Insomma, almeno uno dei due filoni, dal punto di vista penale, si è chiuso con un nulla di fatto. Sul fronte più politico della vicenda, però, resta il fatto che buona parte dei partiti ha essenzialmente «scaricato» Ermani proprio a causa di quell’immagine. Tra questi anche il presidente della Commissione giustizia e diritti, Fiorenzo Dadò, il quale aveva chiesto al giudice di riflettere sul suo ruolo. Presidente che abbiamo sollecitato per una reazione al decreto di non luogo a procedere e che, in prima battuta, osserva «la grande celerità con cui è stato emesso il decreto» e quindi auspica «che altrettanta celerità sia impiegata per affrontare tutto il resto della vicenda che va avanti da diversi mesi e che oltre ad aumentare l’incertezza sta gettando discredito su tutta la magistratura». Detto ciò, al netto della decisione del procuratore straordinario, Dadò rimarca: «Al di là di quello che dice la legge al riguardo, resta il fatto che quell’atteggiamento è inqualificabile e inopportuno, ancor più da parte di un presidente del TPC. Se si sdogana il fatto che in un rapporto di lavoro all’interno di un Tribunale vi siano atteggiamenti di così infimo livello senza batter ciglio, non ci si lamenti se poi ci sarà chi si sente legittimato a farlo anche fuori». Un atteggiamento, aggiunge, «che sembra non sia neppure l’eccezione».

Ora, conferma il presidente, la Commissione giustizia e diritti si riunirà il 16 settembre, e tra i vari dossier sul tavolo, continuerà a discutere anche del caos che si registra al TPC. Su questo fronte, ricordiamo, la stessa Commissione tramite il presidente aveva chiesto recentemente al Consiglio della Magistratura e all’avvocato Maria Galliani, nominato dal Consiglio di Stato per fare luce sul caso di mobbing dal punto di vista amministrativo, di informare l’organo parlamentare sullo stato della vicenda. Ma, ci spiega Dadò, per il momento non è stata data risposta a questa richiesta e la Commissione attende di poter visionare il rapporto di Galliani.

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