Ora vanno trovati i terreni, mentre Zali tuona: «Lo si sapeva già nel 2014»
L’imprimatur del Dipartimento delle istituzioni, il 29 ottobre 2020, sembrava scritto su una pergamena sigillata con la ceralacca: la superficie di oltre 214 mila metri quadrati in zona Saleggina a Bellinzona è «l’unica ritenuta adeguata per le esigenze manifestate dalla direzione dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC)» in vista della realizzazione del nuovo nosocomio del Sopraceneri. Sotto la lente erano finiti ben sette possibili siti. Quella che era una piazza d’esercizio per le truppe sanitarie, in primis, si trasformerà a tappe in un complesso moderno la cui prima fase dovrebbe vedere la luce entro il 2035. Non vi sono alternative a quei terreni, ci ha confidato sull’edizione di ieri il direttore generale dell’EOC Glauco Martinetti.
Svelando oltretutto una notizia importante: d’accordo con la Città, con la quale si sta portando avanti un’azione concertata, non verrà chiesta una controperizia al parere giuridico del Dipartimento del territorio che ha vincolato l’edificazione dell’istituto a due rigorose condizioni. La prima è quella relativa alla necessità di compensare poco meno di 100 mila metri quadri, che vanno trasformati in non edificabili. La seconda è che l’istituto sia cantonale e non regionale e che a coordinare la pianificazione siano i preposti uffici del Cantone.
Superfici pubbliche o private
I vertici dell’Ente ed il Municipio hanno detto sì. Va bene. Facciamo così. In questo modo il tempo che servirebbe agli specialisti per elaborare una controperizia lo si può impiegare sin da subito nella ricerca dei sedimi sostitutivi. Un’impresa tutt’altro che facile. Perché innanzitutto vanno trovati i proprietari (sia essi pubblici o privati) che sono disposti a cedere i fondi. E, poi, occorrerà negoziare sul prezzo, inferiore a quello al quale vorrebbero vendere. Le superfici, oggi edificabili, vanno declassate. L’attenzione dell’EOC e della Città si focalizzerà su Bellinzona, ma non solo. Un occhio (o forse entrambi) andrà buttato pure nel resto del cantone. Un’altra questione è quella riguardante il reale fabbisogno di superficie da compensare.
La progettazione definitiva
Come ci ha spiegato Martinetti, molto dipenderà non tanto dai metri quadrati destinati all’ospedale (la prima tappa prevede il «sacrificio» netto di 57 mila metri quadri), ma da quelli che verrebbero occupati da altri servizi. Citiamo, ad esempio, l’eventualità di integrare l’Istituto cantonale di patologia di Locarno e altri laboratori nonché la possibilità di insediarvi la sede della Croce Verde della Turrita. La progettazione definitiva del concetto elaborato dagli architetti Arnaboldi&Gaggini («Il profumo dei tigli») chiarirà i vari tasselli che comporranno il mosaico. Bisognerà procedere alla modifica del Piano regolatore della capitale. Secondo la scheda R6 del Piano direttore, Cantone e Comuni possono «delimitare nuove zone per insediamenti di preminente interesse cantonale», come un ospedale. Il compenso deve «avvenire immediatamente e in misura maggiore rispetto alle superfici azzonate».
Il ministro: «Opera strategica»
Ecco perché il nosocomio dovrà essere cantonale e non regionale affinché si possa identificare una nuova zona adibita all’edificazione. «È chiaramente un ospedale con contenuti di interesse preminentemente cantonali, come lo sono tutti gli ospedali dell’EOC», ci ha risposto il direttore generale. Parallelamente si dovrà porre sotto la lente il San Giovanni: inaugurato nel 1940, più volte ristrutturato ed ampliato, ha una durata residua di, al massimo, altri 10-15 anni. Un periodo entro il quale non sono da escludere ulteriori interventi, come abbiamo riferito di recente, di modo che possa rispondere agli standard richiesti per quanto concerne, in special modo, la medicina intensiva. E poi quale sarà il suo destino? Verranno ricavati contenuti per la terza e quarta età? Oppure per la ricerca, così da rafforzare il polo biomedico di Bellinzona? Domande alle quali allo stato attuale è impossibile rispondere. Prioritario, in questo momento, è sciogliere il nodo della Saleggina. L’eventuale ritardo di 3-4 anni sulla tabella di marcia non preoccupa. I pensieri sono ben altri, ora.
Intanto, nel contributo che trovate qui, il direttore del DT Claudio Zali parla per la prima volta dell’argomento. Afferma che il dipartimento già nell’aprile 2014 aveva sollevato la questione del dezonamento con l’EOC. Tant’è che lo stesso Ente, rileva il consigliere di Stato, in un documento riconosceva per la Saleggina «l’obbligo (...) di procedere alla compensazione delle nuove superfici edificabili con altrettanti dezonamenti». Va detto che, dieci anni fa, alla testa dell'Ente non c'era Glauco Martinetti. È comunque vero che un dossier così rilevante merita un passaggio di consegne degno di tal nome. L’invito, conclude Zali, è ora «quello di guardare avanti e adoperarci insieme nella ricerca di soluzioni nell’interesse di un’opera strategica per il futuro della sanità ticinese».