Odermatt: «In futuro potrei sacrificare qualche gara di gigante»

Rendere la straordinarietà una regola, non è per tutti. Anzi, è per pochi, ma davvero pochissimi, eletti. Marco Odermatt, manco a dirlo, fa parte di questa cerchia ristretta, tanto da configurarsi, ormai – a 27 anni appena – come uno dei più grandi interpreti della sua disciplina. Maggiori sono i traguardi, maggiori sono le aspettative. E quando queste diventano stellari, si tende, per l’appunto, a perdere il senso dell’impresa. Perché sì, la stagione del nidvaldese è stata nuovamente clamorosa: per la seconda volta consecutiva ha incamerato il globo della generale di Coppa del Mondo, così come tre coppe di specialità. Nel bel mezzo di ciò, inoltre, ha naturalmente preso parte ai Mondiali di Saalbach, dove il fuoriclasse di Buochs ha spazzato via la concorrenza in superG conquistando un altro oro da aggiungere alla sua scintillante collezione.
Soltanto lui sa quali sforzi e sacrifici si sono resi necessari e quel pianto – a margine dell’ultima apparizione nelle finali di Sun Valley – è stata la perfetta rappresentazione di quanto fosse svuotato per tutti gli immensi sforzi profusi. «Ho avuto modo di ripensare a quel momento – ha detto “Odi” in occasione dell’ormai tradizionale appuntamento primaverile indetto da Stöckli – è stato indubbiamente molto speciale. Sono state emozioni estremamente forti, che non avevo ancora vissuto all’interno del contesto sportivo. È come se, di colpo, mi fosse arrivato tutto addosso. Mi sono confrontato a una serie di pressioni che subisco - ogni giorno, ogni gara – nel dovere e volere dimostrare il mio valore».
«Una dipendenza»
Quello stesso valore, incommensurabile, Odermatt lo ha messo in mostra egregiamente; dispensando, nel corso di sei mesi di competizioni, una moltitudine di gesta spettacolari. Il suo è il volto del successo, il suo è il volto dello sport rossocrociato. Ancor più per quella collaborazione – che prosegue dalla bellezza di 16 anni – con un marchio svizzero che sin dalla tenera età gli fornisce gli attrezzi di lavoro. Odermatt significa anche Stöckli, e viceversa. «Una dipendenza salutare» - è stata definita così, la simbiosi che li coinvolge, e immaginare una scissione tra le due parti appare un’eresia. «Sono legato da moltissimo a tempo a questa famiglia e io stesso ritengo di dipendere da loro. Sono cresciuto con questi sci, è con essi che ho imparato a fare ciò che mi riesce meglio».
A suon di vittorie, l’accoppiata elvetica ha potuto soddisfare qualsivoglia appetito «ma la nostra fame – ci ha assicurato il massimo talento del Circo Bianco maschile – è ancora ben presente, puntiamo a un miglioramento costante, nella speranza di poterci rincontrare qui il prossimo anno piacevolmente attorniati da nuove coppe e medaglie». Ha un fare estremamente riconoscente, «Odi», capace di non sminuire i suoi meriti ma di esaltare, altresì, il lavoro di chi lo circonda. «Sono grato per tutto ciò che ruota attorno alla preparazione dagli sci e sono consapevole di essere un privilegiato nel poter contare su due persone di cui mi fido assai, i miei skiman Chris Lödler – che si occupa perlopiù del materiale relativo al gigante – e Ivo Zihlmann, che nel corso del tempo si sta assumendo sempre maggiori responsabilità per ciò che concerne le gare di velocità».
Elefante in cristalleria
Già, Odermatt si è esposto anche su questo, ossia sui molteplici impegni che lo riguardano. Tendenzialmente, c’è chi eccelle nelle discipline tecniche e chi si diletta nelle discese più impervie. Lui, invece, non lascia prigionieri e si è abituato a stritolare le ambizioni della concorrenza non solo tra le amate porte larghe, bensì anche lungo i pendii più ripidi. Per quanto, tuttavia, potrà continuare su questa via ed esaltare con tale frequenza la sua polivalenza? «È una domanda che, effettivamente, mi sono già posto anch’io. I prossimi due anni – in cui saremo chiamati a disputare i Giochi Olimpici di Milano-Cortina, così come la rassegna iridata casalinga di Crans-Montana - si preannunciano particolarmente entusiasmanti. Nel prossimo biennio, dunque, intendo ancora giocarmi le mie carte in discesa, superG e gigante. Successivamente, però, è immaginabile cambiare la mia programmazione e ciò che, al momento, appare più verosimile sarà sacrificare qualche gara in gigante. È ancora presto, per carità, ma idealmente preferirei gareggiare qualche anno in più con un calendario un po’ ridotto, piuttosto che perdere la gioia di sciare perché sovraccaricato dai tanti appuntamenti».
Una scelta del genere, prima o poi, era preventivabile, oltre che del tutto legittima e sensata. Certo, ciò non toglie che rimarrà una sensazione particolare, strana. Agli albori, d’altra parte, il talento di Odermatt è emerso in quella disciplina, la sua disciplina. Quella che gli ha regalato le prime soddisfazioni, quella che gli ha garantito il maggior numero di trionfi, quella che l’ha introdotto nella leggenda. Lui, romanticamente, l’ha recentemente omaggiata su Instagram. «Caro gigante, sarai per sempre il mio primo amore» – recitava il post che, ha rivelato sorridendo, è stato scritto nelle prime ore del mattino dopo una nottata impegnativa. Dopo aver mancato la vittoria nelle ultime cinque prove - tra la Coppa del Mondo e la delusione del quarto posto patita a Saalbach – un conto in sospeso, con la madre di tutte le discipline, rimane. Tanto più, poi, che proprio quella coppa - rigorosamente presente, assieme alle altre, in quel di Engelberg - è stata danneggiata. «Purtroppo – ha raccontato il classe 1997 - l’ho inavvertitamente sbattuta contro una medaglia, che si è dimostrata più resistente agli urti. Fortunatamente, non è l’unica che ho vinto e ne ho ancora tre integre. Quest’ultima rappresenta un po’ le difficoltà incontrate quest’anno, a partire delle uscite di scena avvenute negli appuntamenti inaugurali di Sölden e Beaver Creek». Già, eppure, anche questa volta il globo di cristallo è finito nella sua bacheca. Un sigillo quasi irripetibile per chiunque altro; la normalità per un campione del suo calibro.