L'analisi

Dal «tavolone» di Putin allo Studio Ovale di Trump: le sfide impossibili di Macron

Tre anni fa il presidente francese cercò di dissuadere il leader del Cremlino dall'invadere l'Ucraina, mentre in queste ore ha ribadito al presidente degli Stati Uniti che la guerra è responsabilità della Russia – Ad accomunare i due incontri il concetto del «distacco»
© AP/LUDOVIC MARIN / POOL
Marcello Pelizzari
25.02.2025 16:45

Tre anni fa, Emmanuel Macron volò a Mosca nel tentativo di dissuadere Vladimir Putin dall’invadere l’Ucraina. Al di là delle misure anti-COVID imposte dal Cremlino, l’immagine del presidente francese e dell’omologo russo separati da un tavolo lungo, anzi lunghissimo, simboleggiava a suo modo la distanza, siderale, fra l’Unione Europea e la Russia. La missione di Macron, per quanto nobile, fallì.

Salto in avanti: in queste ore, Macron è tornato a far discutere. Proprio perché, pur con i dovuti paragoni, si è lanciato in un altro tentativo disperato. Far capire al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che al netto di un taglio con l’amministrazione precedente è necessario chiarire alcuni concetti fondamentali. Uno su tutti: l’aggressore, in questa guerra fratricida, è uno e si chiama Russia. Tutto il resto è narrazione.

Il timore di Macron, parafrasando l’editoriale di Ferruccio de Bortoli dedicato a Friedrich Merz e alla Germania, è il timore dell’Europa intera. Un timore comprensibile, anche. Riassumibile nella domanda (retorica) «e se Trump tagliasse fuori tutto e tutti, preso com’è dalla logica degli accordi fra superpotenze?». Il presidente francese, con un raro esercizio di equilibrismo, ha giocato una partita doppia: da un lato, ha riconosciuto senza se e senza ma il nuovo ordine imposto dal tycoon; dall’altro, ha espresso non poche riserve e avanzato le necessarie critiche.

Le Monde, al riguardo, ha parlato di un dialogo fra sordi, mentre altri hanno sottolineato una certa bromance fra i due pesi massimi. Il botta e risposta all’interno dello Studio Ovale, certo, è stato interessante. Trump, in un primo scambio con i giornalisti, si è rifiutato di definire Vladimir Putin un dittatore: «Non uso queste parole alla leggera». Macron, a quel punto, ha ribadito che le responsabilità della guerra in Ucraina ricadono e devono ricadere su Mosca, «perché l’aggressore è la Russia». Alcuni giorni prima, ricordiamo, Trump aveva detto una falsità, sposando la tesi del Cremlino secondo cui è stata l’Ucraina a «iniziare» la guerra.

Macron ha pure corretto Trump sul tipo di aiuti che Europa e Stati Uniti hanno fornito sin qui all’Ucraina. Il presidente americano, con forza, ha detto che, al contrario di Washington, «l’Europa fa prestiti all’Ucraina» e, quindi, «riceve indietro i suoi soldi». Il capo di Stato francese, sentendo quelle parole, non ha resistito. Ha messo una mano sul braccio dell’alleato e lo ha interrotto: «No, a dire il vero noi abbiamo pagato». Macron ha poi contestualizzato la sua frase: come gli Stati Uniti, anche l’Europa ha fornito all’Ucraina un mix di finanziamenti a fondo perduto e prestiti. «Abbiamo dato soldi veri». Il sorriso, amaro, di Trump valeva più di mille repliche. «Se ci credete – ha poi bofonchiato rivolgendosi ai giornalisti – per me va bene».

Macron, quasi a voler smentire chi, dall’altra parte, accusa l’Europa di non volere davvero la pace, ha spiegato di parlare a nome di tutti gli europei e, ancora, di volere eccome la fine del conflitto. Ma «questa pace», ha detto, «non può significare la capitolazione dell’Ucraina». Di qui la richiesta di ampie garanzie di sicurezza e di un accordo che duri nel tempo. Tutt’altra cosa rispetto al «facciamo in fretta» sbandierato da Trump. Uscendo dal politichese, l’impressione di Macron è che, seguendo la linea dettata da Washington, le parti finiscano per partorire un’intesa stile Minsk I e Minsk II. Quei colloqui, condotti nel 2015 sotto l’egida di Francia e Germania, visti oggi sono quantomeno attaccabili: non hanno impedito, per intenderci, l’invasione su larga scala del febbraio 2022.

Difficile, oggi, stabilire se Macron abbia o meno avuto successo alla Casa Bianca o, meglio, se possa esercitare una certa influenza (o pressione) su Trump. Con Putin, come detto, tre anni fa andò male. A questo giro, il presidente francese ha usato tanto l’elogio quanto la critica, mentre la controparte, Trump, non ha mai fatto accenno alla sicurezza dell’Europa e all’alleanza transatlantica. Si è limitato, semmai, a ricordare che una volta ottenuto il cessate il fuoco spetterà proprio all’Europa garantire la sicurezza del continente, con Washington che punta come noto a un accordo con Kiev sulle terre rare. Resta, a monte, una questione inevasa: il cambiamento di orizzonte da un’amministrazione all’altra, con Biden che dava dell’assassino a Putin e Trump, al contrario, che ora si rifiuta perfino di affibbiare l’etichetta di dittatore al leader del Cremlino. La risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, «elegante nella sua semplicità» secondo la delegazione statunitense, riassume questo nuovo paradigma: nel testo, brevissimo, non c’è traccia della Russia come aggressore e viene lamentata l’ingente perdita di vite umane. Come se, ripete Le Monde, quelle vite fossero state spezzate da una catastrofe naturale e non da una precisa decisione politico-militare.

Al di là dello sforzo di Macron, l’impressione – netta – è che a separare Europa e Stati Uniti non ci sia solo l’Atlantico, ma un oceano di valori differenti.