Il commento

Trump, attese e realtà

È inevitabile che buona parte delle attese si concentri sulle due principali guerre in corso – In campo economico dazi e barriere sono all’ordine del giorno
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
07.01.2025 06:00

Si vive in una sorta di sospensione, in attesa del ritorno ufficiale di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Le aspettative rischiano però di essere eccessive, perché alcuni dei nodi da sciogliere hanno grande complessità. Neppure Trump, per quanto potente e propenso ad una linea di attacco, può risolvere da solo questioni geopolitiche ed economiche di taglia così ampia. Risolverle significa infatti saper individuare percorsi in cui non sia solo una parte a vincere o stravincere, in cui vengano trovati equilibri che siano sì diversi ma che tengano conto anche degli altri attori e della realtà dei fatti.

È inevitabile che buona parte delle attese si concentri sulle due principali guerre in corso, nell’Ucraina invasa dalla Russia e nel Medio Oriente segnato da più conflitti e ora soprattutto da quello israelo-palestinese. Sulla prima Trump ha più volte affermato di poter farla finire presto, cosa in sé chiaramente più che necessaria, viste anzitutto le perdite umane e poi anche quelle economiche. Ma se la pace sancisse una mera sudditanza dell’Ucraina alla Russia, ciò comporterebbe una palese ingiustizia e un grande pericolo. L’ingiustizia di una sottomissione forzata e il pericolo di un precedente che potrebbe facilitare altre invasioni, da parte della Russia o di altri soggetti, in varie parti del mondo. In Medio Oriente è più che necessario lottare contro l’estremismo e il terrorismo, ma se la legittima difesa di Israele dovesse andare troppo in là, se palestinesi e parte del mondo musulmano dovessero uscire dal vicolo cieco attuale solo con umiliazione e senza prospettive, ci sarebbero purtroppo altri semi per una risalita, presto o tardi, di tensioni e conflitti.

In campo economico dazi e barriere sono all’ordine del giorno. Trump ha indicato la sua volontà di aumentare i dazi contro la Cina soprattutto, ma anche contro altre aree, Europa inclusa. Molti tra i sostenitori di Trump affermano che si tratta solo di una tattica negoziale, per ottenere vantaggi, e che quindi una nuova guerra dei dazi non scoppierà. Vedremo se sarà così o se ci saranno invece nuovi e ampi scontri commerciali. Intanto vale la pena di ricordare che durante la sua prima presidenza Trump i dazi li ha aumentati davvero, suscitando ritorsioni da parte dei Paesi colpiti, con un incremento del protezionismo che ha rallentato i commerci mondiali. Quanto all’aumento delle barriere non tariffarie, abbiamo avuto un aperitivo consistente nei giorni scorsi nel settore dell’acciaio, con il blocco da parte di Washington del passaggio di US Steel a Nippon Steel, per ragioni di sicurezza nazionale. Un provvedimento firmato dal presidente uscente Joe Biden, ma chiaramente appoggiato da Trump. Una mossa che non tiene conto del fatto che Tokyo è un sicuro alleato dell’Occidente e che suona anche come autolesionistica, visto che è proprio il Giappone a poter fare un po’ più di concorrenza alla discussa Cina nel settore, mentre gli USA sono staccati. Ciò per dire che andare troppo in là con dazi e barriere sarebbe realmente un danno per tutti, Stati Uniti compresi. L’esperienza insegna che è lo sviluppo del libero scambio a rafforzare commerci e crescita economica, non le misure di chiusura.

Tra i rischi legati all’aumento del protezionismo c’è anche quello di un incremento dei prezzi e dunque di uno stop al calo dell’inflazione e, di conseguenza, dei tassi di interesse. Un rischio che riguarda in prima battuta gli USA ma che potrebbe estendersi alle altre maggiori aree economiche, nel caso di una spirale di dazi e barriere. Anche la mancanza di un freno adeguato alle spese pubbliche, e all’indebitamento pubblico, può avere tra i suoi effetti una nuova spinta verso l’inflazione. Trump non ha tra le sue priorità la riduzione di un debito pubblico che è decisamente elevato e che non provoca, per ora, turbolenze sui titoli pubblici statunitensi e sul dollaro solo o principalmente grazie al peso politico complessivo del sistema Paese USA. Ma è sempre sbagliato spingere troppo su deficit e debito. Sarebbe meglio per gli Stati Uniti, e per tutti, che Trump anche su questo terreno prendesse atto della complessità, evitando di rendere più estrema la sua linea.