Vince il limone, perde la margarina: ecco come cambiano le abitudini alimentari degli svizzeri
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Il limone è il grande vincitore della corsa ai carrelli dei consumatori svizzeri. Nel giro di quindici anni, il suo consumo è più che raddoppiato. Allo stesso tempo gli svizzeri si sono messi a mangiare molte più noci e molto più aglio, mentre hanno sempre più disertato la margarina e ridotto il consumo di latticini, come emerge dall’Indagine sul budget delle economie domestiche realizzata dall’Ufficio federale di statistica.
«Oggi c’è la tendenza a prendersi più cura della propria salute, a privilegiare di nuovo alimenti più naturali – osserva Chiara Jasson, nutrizionista specializzata in alimentazione naturale e sportiva –. Ci sono tuttavia anche mode che non sono sempre giustificate. A volte basta che un’influencer si metta a decantare le lodi di un certo alimento perché tutti le vadano dietro, anche senza reali benefici per la salute».
Salutare sì, miracoloso no
Il limone, il cui consumo è cresciuto del 126%, è proprio uno di quegli esempi di alimenti cui vengono attribuite proprietà miracolose che in realtà non hanno, o solo in minima parte. «Nella mia pratica clinica mi capita di sentire persone che dicono di iniziare ogni mattina con un bicchiere di acqua mescolata a spremuta di limone spiega Jasson -. Va bene, il limone è un’ottima fonte di vitamina C. Ma non fa miracoli, non fa bruciare i grassi, come invece qualcuno crede».
D’altra parte ci sono anche alimenti che vengono demonizzati a torto, sostiene la nutrizionista luganese. «La forte riduzione del consumo di margarina è sicuramente da valutare in modo positivo afferma Jasson -. La margarina è un prodotto che per un certo periodo è stata presentata come un’alternativa salutare al burro ma poi la scienza ha permesso di capire che in realtà quegli oli idrogenati non sono affatto salutari. Il pubblico ha quindi fatto dietrofront. Molto meno giustificata dal punto di vista della salute è invece la disaffezione verso il latte. Oggi si trovano molte alternative vegetali che rispondono a preoccupazioni ambientali, a intolleranze alimentari o altri motivi. Va benissimo che ci sia più offerta. Ma dal punto di vista della salute un buon bicchiere di latte di montagna resta una scelta spesso preferibile a, per esempio, un latte di avena pieno di zuccheri».
I benefici della montagna
Jasson parla di latte di montagna e non di latte in generale, perché anche l’alimentazione delle mucche riveste un ruolo molto importante. «Sappiamo che i nostri latticini di montagna sono migliori rispetto a quelli provenienti dagli allevamenti intensivi afferma -. In montagna gli animali mangiano erba ricca di omega-3, che ha proprietà antiinfiammatorie naturali. Un bicchiere di latte di montagna, anche se intero, è quindi meno infiammatorio rispetto a un bicchiere di latte scremato proveniente da animali nutriti con mangimi artificiali con dentro magari anche ormoni o antibiotici. Lo stesso vale per i formaggi. Quelli di montagna sono sicuramente più salutari rispetto a certi formaggi molto processati che vengono magari da paesi dove ci sono meno controlli».
In questo discorso rientra anche la contrazione delle vendite di prodotti light, che dopo aver invaso gli scaffali negli anni ’90 sono progressivamente stati snobbati dai consumatori. «I prodotti light erano partiti dall’idea che i grassi saturi fossero da ridurre, senza distinzione di origine spiega Jasson -. Per questo motivo sono stati creati i prodotti magri. Solo che togliendo il grasso si è incrementato l’apporto di zucchero, in modo che il gusto fosse comunque accettabile. Quindi i prodotti light sono più poveri di grassi ma più ricchi di zucchero, ciò che crea altri problemi a livello metabolico, come l’aumento del diabete e dell’obesità».
Cambiare e non sostituire
La morale della storia, se così si può dire, è che non sempre l’alternativa è migliore dell’originale. «La chiave non sta nel sostituire un alimento con un alimento copia osserva Jasson -, ma cambiare le proprie abitudini. La soluzione sta nel tornare a mangiare meno processato, più vicino possibile allo stato naturale, con un consumo di prodotti raffinati limitato al minimo».
Ciò che non significa che i prodotti industriali siano vietati. «È questione di misura conclude Jasson -. Se un consumatore è attento all’alimentazione e di regola cerca di mangiare bene, non è di certo grave se una volta si concede uno strappo alla regola andando al fast food. L’importante è essere educati e consapevoli di ciò che si mangia. E l’impressione, confermata da queste statistiche, è che gli svizzeri lo siano sempre di più».