Frontalieri, Roma in pressing su Berna per la tassa sulla salute
«Non ci date gli elenchi dei vecchi frontalieri perché manca la base giuridica? Allora creiamola». Si potrebbe parafrasare così la richiesta avanzata da Roma a Berna, dopo che nei mesi scorsi i Cantoni di confine si sono rifiutati di fornire i nominativi dei vecchi frontalieri che dovrebbero pagare la cosiddetta «tassa sulla salute». A tre settimane dall’inizio del nuovo anno - quando cioè dovrebbe scattare il provvedimento - Massimo Sertori, responsabile per i Rapporti con la Confederazione per la Regione Lombardia, tiene a ribadire che la tassa - o meglio, come sostiene, il «contributo» - non è affatto finita su un binario morto. «Stiamo facendo una serie di valutazioni interne», spiega Sertori al Corriere del Ticino. «Del resto - dice - piaccia o non piaccia, si tratta di applicare una legge votata dal Parlamento, ora quindi ci occuperemo dei decreti attuativi». Ma per capire perché sia così difficile applicare il provvedimento, bisogna fare un passo indietro.
I problemi di applicazione
La «tassa sulla salute» è stata inserita nella Legge di bilancio votata dal Parlamento italiano. Dovrebbe essere riscossa a partire dal 2025 e sarà a carico dei vecchi frontalieri, ossia quei lavoratori che secondo il nuovo accordo fiscale continueranno a pagare le imposte sul reddito solo in Svizzera. In sostanza, i vecchi frontalieri dovranno contribuire al mantenimento del Servizio sanitario italiano tramite «un contributo» annuale che varierà tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo. «In Lombardia siamo orientati ad applicare la soglia minima», dice ora Sertori. «In base alle nostre simulazioni, ciò significa che un frontaliere il cui stipendio ammonta a 4 mila euro netti andrà a pagare un contributo mensile massimo di 120 euro. Un contributo che vale per sé e per i familiari a carico. Come si evince dalle cifre, si tratta di un contributo. È sbagliato definirla una tassa». Il provvedimento, spiega, nasce dall’esigenza di colmare un vuoto normativo. «Fino agli anni Duemila, il frontaliere versava, attraverso un bollettino semestrale, circa 600 mila lire per l’utilizzo del sistema sanitario. In Italia, successivamente, la sanità è diventata di competenza regionale. La Svizzera, invece, aderendo a un accordo con l’UE, ha introdotto il diritto di opzione. Il frontaliere può quindi scegliere se usuifruire del Sistema sanitario italiano o se pagare la cassa malati. A seguito di questi avvenimenti, si è creato un buco legislativo che oggi cerchiamo di colmare». Non mancano però i problemi di applicazione, perché per poter riscuotere il contributo, la Lombardia ha bisogno di avere l’elenco dei vecchi frontalieri. Dati che, nei mesi scorsi, sono stati chiesti direttamente ai Cantoni di confine. Peccato che Ticino, Vallese e Grigioni abbiano risposto picche. Come ci aveva confermato il Servizio della comunicazione del Consiglio di Stato, infatti, «al momento non esiste una base legale che permetta la trasmissione di questi dati». Da qui, come annuncia Sertori, la decisione di Roma di chiedere a Berna di creare questa base legale, in modo che i Cantoni possano infine consegnare la lista dei vecchi frontalieri alla Lombardia. «Intendiamo far sì che ci siano le condizioni per poter disporre di una base legale. Del resto, la Svizzera ha già un accordo simile con la Francia, un’intesa che consente di avere questi dati. Dati che - voglio ribadirlo - non riguardano i redditi dei frontalieri, ma unicamente i nominativi di coloro che hanno optato per il Sistema sanitario nazionale». Si tratta, dice Sertori, «di nominativi per noi necessari, a prescindere dal contributo sanitario. Dobbiamo, in altre parole, sapere chi ha deciso di usufruire del nostro sistema sanitario, quindi l’idea è di poter siglare un accordo in tal senso con Berna».
Autocertificazione e controlli
Tuttavia, anche se la richiesta venisse accolta, creare una base legale richiederà tempo. E difficilmente la tassa sulla salute potrà quindi essere prelevata già a partire da gennaio. «Se riuscissimo a siglare un’intesa tra i due Stati sicuramente ci faciliterebbe il compito», sottolinea Sertori. «Altrimenti, riusciremo comunque a ricostruire chi rientra nell’elenco dei vecchi frontalieri». Ma sulla modalità con cui la Lombardia intende procedere, l’assessore per il momento non vuole sbilanciarsi. Di più, invece, dice sulle modalità di prelievo del contributo. «Stiamo ipotizzando di andare nella direzione di un’autocertificazione. Non andremo, quindi, a caccia dei redditi. Ognuno saprà, in base al proprio reddito, quanto sarà tenuto a versare. Naturalmente, poi, ci saranno i controlli a campione».
La tenuta giuridica
Oltre ai problemi legati all’applicazione del provvedimento, nei mesi scorsi i sindacati hanno sollevato perplessità anche sulla tenuta giuridica della norma. Secondo l’OCST, infatti, si tratta di una legge anticostituzionale, «perché è contraria al nuovo accordo sulla tassazione dei frontalieri, secondo il quale i vecchi frontalieri devono essere tassati solo in Svizzera. Quindi potrebbe decadere al primo ricorso». Richieste di chiarimento sono state avanzate anche dai parlamentari ticinesi (primo firmatario Gianluca Padlina, il Centro) che qualche giorno fa hanno chiesto lumi al Consiglio di Stato. In particolare, i deputati vogliono sapere se il Governo «non ritiene che il contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria sia in realtà un’imposta, anche se non viene qualificato come tale». Se così fosse, i granconsiglieri chiedono «se non rappresenta una violazione dell’articolo 9 del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri». Dubbi che Sertori rispedisce però al mittente. «È una legge dello Stato, promulgata dalla Presidenza della Repubblica e che ha seguito tutto l’iter parlamentare. Non mi risulta ci siano state sentenze o dubbi sulla sua tenuta giuridica». Di conseguenza, la Lombardia non intende indietreggiare, anzi. «Se non dovesse esserci un’intesa con la Confederazione per creare una base legale? Per noi sarebbe più complicato, ma andremmo comunque avanti».