Elezioni

«Solo grazie alle aggregazioni si conserva l’unità della valle»

Lo storico Fabrizio Viscontini analizza i matrimoni tra Comuni in Leventina in vista dell’appuntamento alle urne di domenica 6 aprile a Quinto e Giornico – «Vado oltre: non sarebbe male, in futuro, se ci fosse unicamente un ente locale»
© CdT/Gabriele Putzu
Irene Solari
28.03.2025 06:00

«L’identità storica della Leventina è sempre stata contraddistinta da una forte unità. Quella stessa unità oggi la ritroviamo nelle aggregazioni che portano un nuovo vigore a tutta la valle». Fabrizio Viscontini non ha dubbi. Lo storico, che vive a Faido e che conosce molto bene la realtà locale, ha percorso con noi storia, identità e prospettive di questa regione. Il tutto nell’ottica, naturalmente, delle prossime elezioni del 6 aprile in alta e bassa Leventina che sanciranno la nascita ufficiale dei nuovi Comuni aggregati di Giornico (dall’unione con Bodio) e Quinto (dall’unione con Prato Leventina). Aggregazioni che, secondo il nostro interlocutore, sono l’unico modo per evitare che questa valle diventi una regione periferica, «anche perché non lo è mai stata». «I matrimoni tra Comuni sono una strategia vincente per tutta la Leventina e lo dico avendo vissuto l’esperienza da faidese». Di più. «Rappresentano un processo centrale e un passo necessario grazie al quale possiamo tornare a pensare il futuro della valle con una nuova forza, fondamentale per la creazione e la realizzazione di progetti importanti».

Far sentire la propria voce

Ma facciamo un passo indietro. «Negli ultimi anni, dal 2006 al 2016, ci sono state aggregazioni in diversi Comuni», spiega Viscontini, «che però hanno toccato soprattutto la media valle, senza interessare né l’alta né la bassa Leventina. Ora, finalmente ci troviamo davanti a due unioni anche in queste zone con Quinto e Giornico». È importante, dunque, osservare da vicino il fenomeno per capirne il senso e l’importanza. «Prima di queste spinte aggregative in Leventina si contavano ben 21 Comuni», ricorda il nostro interlocutore. «Le unioni che ci sono state hanno permesso la creazione di un ente locale più grande, che può portare avanti strategie economiche più incisive, aumentare la propria disponibilità finanziaria e contare su una maggiore forza demografica». Senza dimenticare l’impatto politico. «Un Comune più grande, infatti, può fare sentire meglio la propria voce e le proprie esigenze davanti al Cantone».

Spirito e identità

Lo spirito dell’aggregazione, secondo Viscontini, si riallaccia al forte senso di unione che caratterizza la storia dell’intera valle fin dai tempi antichi. «I 21 Comuni di Leventina che esistevano prima delle aggregazioni sono stati creati in tempi relativamente recenti: con la Legge patriziale del 1857 che ha separato il Comune patriziale da quello politico. Questi enti, come li conosciamo oggi, hanno dunque 150 anni di storia». Ma come era l’amministrazione della valle prima della nascita degli enti locali? «Bisogna tornare indietro attorno all’anno 1000», spiega il nostro interlocutore, «quando esistevano 10 grandi comuni rurali (vicinanze). Ed esisteva soprattutto una forte unità identitaria». Questo nonostante il controllo del territorio da parte di poteri esterni. «Anche se la Leventina dal 948 al 1480 dipese politicamente dai canonici della chiesa di San Ambrogio di Milano - ed era presente un governatore (Podestà) proveniente dall’esterno - è sempre esistito un Consiglio di valle, tribunale di seconda istanza e organo amministrativo superiore a livello regionale, e un Parlamento che si riuniva nel mese di maggio a Faido». Un’identità a livello amministrativo, giudiziario e politico, mantenuta anche più avanti, come baliaggio del Cantone sovrano di Uri (1480-1798): «Almeno fino alla cosiddetta “Rivolta di Leventina” del 1755 - in realtà si trattò di una protesta - c’era sì il landfogto inviato da Oltralpe, ma comunque esistevano sempre il Consiglio di valle, il Parlamento e i notabili leventinesi partecipavano al governo balivale».

Tra autostrada, ferrovia e fabbriche, negli anni passati si è vissuto un vero boom economico

La crisi industriale

Arrivando invece a tempi più recenti, quelli dello sviluppo industriale, la Leventina ha conosciuto un periodo di forte crescita economica, anche in virtù della sua posizione geografica strategica: una via di collegamento tra il Sud e il Nord delle Alpi. «Si è passati dalle mulattiere alla strada carrabile. Poi è arrivata la ferrovia, la Gotthardbahn e, infine, l’autostrada», spiega Viscontini. Ma non solo viabilità: «La valle ha prosperato nel periodo del boom economico grazie alla presenza delle fabbriche, una su tutte, la Monteforno, e dei servizi. E c’erano anche diversi posti di lavoro creati grazie alla linea ferroviaria». Un boom destinato però a spegnersi nel corso degli anni ’90. «In quel momento per la regione inizia un periodo di crisi economica: chiudono alcune fabbriche e viene meno anche la presenza del personale ferroviario. La valle inizia quindi a trovarsi in difficoltà». Arriva poi Alptransit, una grande opera, certo. «Ma, per la prima volta nella storia, una importante via di comunicazione non attraversa la Leventina, ci passa sotto».

Chiudere il cerchio

Il rischio - ribadisce Viscontini - è quindi quello che attualmente la regione, sugli strascichi di questa crisi, rischi sempre più di diventare una periferia. A pesare non è solo la chiusura degli stabilimenti industriali: «A questo si aggiungono anche le perdite demografiche della valle, una tendenza che ha iniziato ad essere importante soprattutto negli anni ’90». Ed ecco, quindi, la necessità di attuare le aggregazioni. «Trovandosi in una situazione di crisi i Comuni sono spinti a collaborare tra loro. E questa collaborazione significa aggregazione», spiega il nostro interlocutore, auspicando anche che si continui in questa direzione e che - come riportato anche nel messaggio del Governo - si arrivi a formare tre Comuni. «Bassa, media e alta Leventina, come in Valle di Blenio». Ma non solo. «Dal mio punto di vista personale ritengo che alla fine debba nascere un unico Comune di Leventina», andando così a chiudere il cerchio e «ritrovando questa identità culturale e storica che in passato è esistita per secoli».

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