Stop alle adozioni dall'estero: «Si resta nel limbo per anni»
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Un vero e proprio polverone. Il Consiglio federale, con la proposta di vietare le adozioni internazionali, si è attirato una marea di critiche nel corso delle ultime settimane. Coppie, famiglie, organizzazioni e politica si sono opposte con fermezza all’idea presentata lo scorso 29 gennaio dal «ministro» della Giustizia Beat Jans.
La strada, prima di arrivare a proibire le adozioni dall’estero, è ancora lunga. L’Esecutivo ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare un progetto di legge in questo senso entro la fine del 2026. Eppure, le parole di Jans in conferenza stampa hanno creato una grande incertezza per chi desidera adottare bimbi dall’estero, oppure chi ha già iniziato (magari da tempo) una lunga procedura che può durare anche svariati anni.
Cosa si fa, dunque? Si prova a fermare tutto. Il PLR svizzero, in un comunicato, ha reso noto che è stata elaborata una mozione per chiedere al Consiglio federale di rinunciare immediatamente al divieto. All’origine dell’atto parlamentare c’è il consigliere nazionale Simone Gianini: «Con la sua decisione, perentoria e senza preventivo dibattito politico, di proibire in futuro le adozioni internazionali in Svizzera, il Consiglio federale ha gettato un’ombra di colpevolezza su tutte le famiglie adottive svizzere e nell’insicurezza quelle che si stanno accingendo ad affrontare la lunga e severa procedura di adozione», critica il ticinese.
Procedure etiche e trasparenti
A suo avviso, le procedure di adozione devono beninteso essere «regolari, etiche e trasparenti» e «i casi d’illegalità vanno senz’altro combattuti. Proibirle del tutto è però sproporzionato e contrario alla nostra tradizione umanitaria e di accoglienza, offerta negli anni in tanti casi di adozioni andate a buon fine. Per questo, abbiamo depositato una mozione nella Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale con l’auspicio che venga fatta propria dalla Commissione (si riunirà in aprile, ndr) se aderiranno anche rappresentanti degli altri partiti, per dire al Consiglio federale di fermare il suo intento, che consideriamo sbagliato».
L’impressione, fa notare Gianini, è che contro questo divieto sulle adozioni internazionali vi siano parlamentari di un po’ tutto lo spettro politico, tanto che il pressing sul Consiglio federale si farà già sentire - tramite atti parlamentari e domande al Governo - nel corso dell’imminente sessione alle Camere. «La pressione politica dovrà essere trasversale», chiosa il nostro interlocutore.
Le autorità non si fermano
L’obiettivo del Consiglio federale è di inviare in consultazione il progetto di legge entro la fine del 2026. «Il Dipartimento federale di giustizia e polizia adempirà a questo mandato», fanno sapere i servizi di Beat Jans, ricordando che si tratta di una decisione del Consiglio federale. Un dietrofront, per il momento, non è pertanto previsto. I tempi saranno comunque molto lunghi: una volta terminata la consultazione, seguirà il consueto iter parlamentare (nel 2027 o nel 2028). «Ma in questo modo si resterebbe in un limbo per anni», critica Gianini. Anche se Berna, al momento, permette le adozioni (il diritto in vigore per il momento non è in discussione per almeno 4-5 anni), questo prospettato cambiamento crea incertezza e fa stare sul chi vive molte persone che vorrebbero adottare dall’estero. L’obiettivo è di fare in modo che questo divieto venga fermato il prima possibile. Il PLR, con la sua mozione, vuole dunque anticipare il dibattito e chiudere la questione molto prima.
Scongiurare le irregolarità
È però anche opportuno sapere come si è arrivati a questo punto. A causa di abusi nelle adozioni da una decina di Paesi (tra cui Sri Lanka, Cile, Colombia e Romania) avvenute principalmente tra gli anni Settanta e Novanta, il Governo ha incaricato un gruppo di esperti di verificare se una revisione del diritto in materia di adozioni internazionali potesse scongiurare il rischio di nuove irregolarità. Ad esempio, traffico di bambini, documenti falsificati e procedure illegali. Per gli esperti, anche una «radicale e profonda revisione» del diritto non sarebbe in grado di escludere il rischio di abusi. Pertanto, il Consiglio federale vuole ore rinunciare definitivamente alla possibilità di adottare all’estero.
La strada giusta da percorrere
Non tutti, però, si oppongono a questo possibile divieto. L’Associazione per i bambini in affidamento o adottivi (PACH) si batte per i diritti dei bambini e in particolare per il «diritto di conoscere le proprie origini. A nostro avviso, questo deve essere garantito. Non siamo quindi favorevoli a un divieto in sé, ma concordiamo con la conclusione del gruppo di esperti secondo cui, se non è possibile garantire la sicurezza del processo di adozione internazionale, un divieto è la strada giusta da percorrere», ci spiega Cora Bachmann, a capo dell’associazione.
«Una misura drastica come un divieto scatena sempre forti reazioni. E noi crediamo che questo sia giusto e corretto», sottolinea la numero uno di PACH, ricordando che pure Jans in conferenza stampa ha auspicato un dibattito pubblico. In una presa di posizione inviata a gennaio, l’associazione criticava il fatto che, «dati i rischi per i diritti dei bambini nell’adozione internazionale e gli sforzi del Consiglio federale per impedire ulteriori irregolarità nelle adozioni internazionali, oggi non sia stata disposta alcuna moratoria».