Economia

Per chi scatta l'aumento salariale?

In diversi settori la paga aumenterà più dell'inflazione – Ma per i sindacati non è abbastanza: «Vanno compensati gli ultimi tre anni»
© CdT / Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
15.09.2024 06:00

Il sindacato Travail.Suisse chiede aumenti salariali tra il 2,5 e il 4%, l’Unione sindacale svizzera punta al 5%, l’Associazione degli impiegati di banca vorrebbe buste paga più pesanti tra il 3 e il 5%. Ma alla prova dei fatti nel 2025 gli stipendi cresceranno - se cresceranno - in maniera meno robusta, probabilmente superiore al tasso di inflazione ma insufficiente a compensare la perdita di potere d’acquisto subita dai lavoratori negli ultimi tre anni.

«In media i salari svizzeri dovrebbero crescere tra l’1,3 e l’1,5%», secondo il ricercatore Andreas Kuhn, che per il portale Lohntendenzen.ch ha interpellato i responsabili del personale di oltre duecento importanti aziende, che contano alle proprie dipendenze più di 400.000 lavoratori. Tra queste aziende, solo il 40% prevede di concedere aumenti generalizzati, mentre il 96% intende premiare i dipendenti più meritevoli.

«Non va bene, è troppo poco - commenta Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di UNIA -. Quando noi chiediamo un aumento salariale del 5% non stiamo in realtà chiedendo un aumento bensì solo l’adeguamento dei salari al rincaro di quest’anno e a quelli degli anni precedenti che non sono stati pienamente compensati. Concedere il 5% significa semplicemente permettere al lavoratore di mantenere il suo potere d’acquisto, di non impoverirsi. Per parlare di aumento del salario reale bisognerebbe andare oltre il 5%».

Primi incontri poco fruttuosi

Uno scenario impensabile. L e trattative tra le parti sociali sono appena iniziate, o in certi casi non lo sono ancora, ma è già chiaro che da parte dei datori di lavoro non c’è la disponibilità ad assecondare in toto le richieste sindacali. «Personalmente ho partecipato alla prima riunione per il settore dell’edilizia e la risposta da parte padronale è stata zero», afferma Gargantini.

«Stiamo facendo molta fatica - conferma Xavier Daniel, segretario cantonale OCST -. In linea generale, non pare esserci la volontà da parte dei datori di lavoro di venire incontro alle nostre richieste. Continuano a dire di essere in difficoltà. Ma il fatto è che anche i dipendenti sono in difficoltà».

Perché se è vero che il tasso di inflazione è in calo - secondo gli ultimi scenari potrebbe attestarsi all’1% su base annua - è anche vero che questo tasso non contempla quella che sta ormai diventando la principale spesa degli svizzeri, oltre che il loro incubo:i premi di cassa malati. Per l’anno prossimo è previsto un ulteriore aumento del 5%, quindi ben superiore al tasso di inflazione ufficiale.

L’inflazione e i premi di cassa malati

«È anche per questo motivo che noi sindacati chiediamo aumenti superiori al tasso di inflazione - prosegue Daniel -. Quando si parla di carovita non ci si può limitare al paniere considerato dall’Ufficio federale di statistica, perché non è completo. Inoltre noi è da anni che chiediamo che i salari vengano adeguati non solo al rincaro ma anche all’aumento della produttività, che è in continua crescita. Sono i lavoratori a contribuire a questa crescita ed è quindi giusto che possano beneficiarne anche loro, non solo i manager o gli azionisti».

Ciò che, secondo il padronato, sta già avvenendo. «Negli ultimi anni la parte di PIL destinata alle retribuzioni dei salariati è sensibilmente aumentata, salendo dal 56% fino al 59,6% del primo trimestre di quest’anno - osserva Simon Wey, capo economista dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI) -. La quota di PIL rappresentata dagli avanzi netti di gestione è di conseguenza diminuita».

Il personale pesa sempre di più

In altre parole, i salari pesano sempre di più sui conti delle aziende, nonostante a volte i salariati non se ne rendano conto. «Inoltre i sindacati pongono sempre e solo lo sguardo sugli ultimi tre anni, quando effettivamente gli aumenti salariali sono stati erosi dall’aumento del costo della vita, ma dimenticano che in precedenza avevamo avuto un lungo periodo di inflazione praticamente pari a zero in cui le remunerazioni erano comunque cresciute», aggiunge Gian-Luca Lardi, direttore della Società svizzera impresari costruttori (SSIC) e vicepresidente dell’USI.

C’è poi un altro fattore, prosegue Lardi, che bisogna tenere a mente se si vuole avere una visione completa dell’evoluzione dei salari. «I sindacati considerano unicamente gli aumenti salariali generalizzati, che vanno a vantaggio di tutti i lavoratori - spiega -. Le imprese considerano invece anche gli aumenti individuali. È normale che le aziende siano più propense e a concedere un aumento ai collaboratori giovani, che crescono e assumono nuove responsabilità, rispetto ad altri dipendenti che magari hanno una scarsa produttività e che quindi beneficeranno in misura minore della crescita delle retribuzioni. Penso che questo non sia un motivo di vergogna ma che faccia parte dell’economia di mercato in cui viviamo».

Costruttori «generosi»

Infine Lardi cita il settore delle costruzioni per evidenziare come, a suo modo di vedere, i datori di lavoro siano sensibili alle necessità dei loro dipendenti anche senza che siano i sindacati a pretenderlo. «Le imprese sono responsabili - afferma -. Quest’anno, anche senza un accordo con i sindacati, hanno alzato gli stipendi in media dell’1,1%, con un aumento ancora maggiore, l’1,6%, per gli operai che avevano salari più bassi».

E anche per il 2025, secondo l’analisi del ricercatore Andreas Kuhn, il settore della costruzione potrebbe rivelarsi tra i più generosi. A giudicare da quanto raccolto finora, i maggiori beneficiari degli aumenti salariali dovrebbero essere i lavoratori dell’edilizia, dell’industria metalmeccanica o dei trasporti, tutti con rialzi di almeno il 2%. Dovrebbe andare peggio, con aumenti inferiori all’1%, nei settori del commercio al dettaglio e all’ingrosso, dell’istruzione, dei media e della comunicazione.

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