L'analisi

L'atollo Garcia che piace a Trump

Diego Garcia è l’isola del momento: la «striscia» britannica nell’Oceano Indiano ospita una base dove sono atterrati sei bombardieri strategici americani B 2 e diversi velivoli-cisterna
© Planet Labs PBC
Guido Olimpio
06.04.2025 12:38

Diego Garcia è l’isola del momento. La «striscia» britannica nell’Oceano Indiano ospita una base dove sono atterrati sei bombardieri strategici americani B 2 e diversi velivoli-cisterna, un dispiegamento «in chiaro» con molte implicazioni.

La presenza degli aerei è stata collegata alla campagna in corso contro gli Houthi nello Yemen, con una raffica di strike - sempre più pesanti - da parte del Pentagono. E gli esperti sottolineano che i B 2 sono gli unici in grado trasportare le bombe GBU 57 capaci di distruggere i rifugi sotterranei dove i combattenti hanno nascosto missili e ad altri equipaggiamenti. È stato lo stesso Donald Trump a ribadire che gli Stati Uniti continueranno a colpire fintanto che la milizia non la smetterà di attaccare il traffico marittimo nel Mar Rosso. E nel messaggio ha aggiunto un monito a Teheran, storico alleato degli Houthi.

Il riferimento all’Iran è parso confermare la seconda chiave di lettura per lo schieramento dei bombardieri nell’atollo: forse potrebbero essere usati un domani contro i siti nucleari della Repubblica Islamica nel caso gli ayatollah si rifiutano di aprire un negoziato sull’atomica. Per ora si sono detti pronti solo ad una trattativa attraverso intermediari, risposta che The Donald, secondo spunti raccolti dai media, sta valutando anche se preferisce il contatto diretto.

Ed ecco che Diego Garcia, come è già avvenuto in passato, riveste un ruolo importante per la sua posizione geografica. È il terminale d’arrivo delle missioni a lungo raggio dei B 52 e dei B 2, esercitazioni provate e riprovate, con partenze da installazioni negli Stati Uniti, seguite da rifornimento in volo e poi «sosta» sull’isola. La pista diventa il trampolino di lancio per operazioni su più assi: lo scacchiere mediorientale, quello yemenita, il Golfo Persico e, ovviamente, l’area dell’Oceano Indiano.

Scoperta dai portoghesi nel 1512, controllata dai francesi, è poi passata ai britannici che progressivamente l’hanno trasformata in un avamposto. E a tal fine i pochi civili presenti sono stati costretti ad andare via. Di fatto è come una portaerei utilizzata, in base ad accordi specifici, anche dagli americani. E lo sarà ancora a lungo. Londra ha appena finalizzato l’intesa per passare la sovranità alle Mauritius ma avrà in affitto la base per 99 anni.

Attorno a questa postazione sono spesso girate indiscrezioni sul coinvolgimento in attività «coperte» da parte dell’intelligence, compresa la detenzione da parte della Cia di alcuni terroristi qaedisti in seguito trasferiti nei «black site», luoghi di prigionia segreti. Nella lista è finita anche Diego Garcia. Come è finita nella tesi cospirativa sul mistero del jet malese MH370 scomparso nel marzo 2014 dopo il decollo da Kuala Lumpur con 239 persone a bordo: per alcuni complottisti il Boeing era stato nascosto proprio qui dopo un dirottamento oppure che era stato abbattuto perché era diretto verso la base. Storie superate da una realtà ben più concreta e incombente.

Messo sotto pressione dagli avvertimenti della Casa Bianca, l’Iran ha reagito a tono e i pasdaran hanno affermato di essere pronti a prendere di mira target nell’intero quadrante. Gli esperti hanno calcolato che Diego Garcia rientra nel raggio d’azione di droni e missili iraniani, anche se siamo al limite. Con un punto debole: l’installazione non dispone di hangar corazzati e gli «ospiti», in teoria, appaiono esposti. Sono apparse mappe, stime, valutazioni sugli scenari possibili mentre il Pentagono ha disposto l’invio di una seconda portaerei - la Vinson - e trasferito altri sistemi antimissili in Medio Oriente. Mosse e schermaglie che accompagnano in modo ciclico il pendolo mediorientale.

Molti attendono le prossime settimane, specie se Trump andrò in visita ufficiale in Arabia Saudita, Emirati e Qatar, tre protagonisti che per ragioni diverse hanno a che fare con Teheran. Il presidente cercherà di siglare affari - la sua priorità - ma di sicuro affronterà il nodo Iran con interlocutori che, da un lato, desiderano contenere i mullah ma, dall’altro, sono allarmati dai rischi di un conflitto. Indiscrezioni di queste ore hanno rivelato che gli alleati arabi hanno avvisato Washington: non potete usare le basi nei nostri territori per azioni in Iran. Una posizione che fa comprendere quanto sia rilevante Diego Garcia. E va sempre ricordato come ogni fase critica mediorientali contenga aspetti di guerra psicologica, dove si gonfiano i muscoli per dimostrare di essere pronti a tutto.

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